INTERVENTI PROPOSTI IN MERITO AI POVERI ULTRASESSANTACINQUENNI E AGLI INABILI AL LAVORO
MAURO PERINO *
Premessa
L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha ripreso quest’anno la pubblicazione dei
dati relativi alla povertà assoluta, esaminando la situazione del Paese nel
triennio 2005-2007 sulla base di una nuova metodologia di stima elaborata con
il supporto di una Commissione di esperti.
A differenza delle misure di povertà relativa, che
individuano la condizione di povertà nello svantaggio dei soggetti più
bisognosi rispetto agli altri (1), la
povertà assoluta si riferisce all’incapacità, per un determinato nucleo
familiare, di acquisire i beni e i servizi che, nel contesto italiano, vengono
considerati essenziali.
La novità, introdotta con la nuova metodologia
utilizzata dall’Istituto, è rappresentata dal fatto che la “soglia di povertà
assoluta” (2) indicata dall’Istat rimanda ad un “paniere di povertà assoluta”
(3) che non è stato determinato in base al concetto di “sopravvivenza” ma a
quello di “minimo accettabile”. Quindi il dato non definisce una mancanza di
risorse tale da mettere in pericolo la vita delle persone, ma indica il minimo vitale monetario mensile
senza il quale si determinano forme inaccettabili di esclusione sociale nel contesto in cui si vive.
A partire dall’esame dei criteri utilizzati per la
definizione del paniere, questo articolo (che integra i precedenti, pubblicati
da questa rivista) (4) intende fornire alcuni dati sull’incidenza e
sull’intensità della povertà assoluta, mettendo a confronto – nella parte
finale – il parametro di reddito mensile considerato accettabile dall’Istituto,
con le misure statali di contrasto alla povertà attualmente destinate alle
persone adulte impossibilitate a svolgere attività lavorativa, perché gravemente
invalide, e agli anziani ultra sessantacinquenni poveri. Soggetti ai quali andrebbe garantito – come prevede la nostra
Costituzione – il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
Il nuovo paniere
Le due ipotesi di partenza formulate dalla Commissione
preposta a valutare i requisiti di minimalità di un
paniere di povertà assoluta effettivamente comprensivo dei beni e servizi
essenziali, sono ben sintetizzate da Linda Laura Sabbadini:
«La prima è che i bisogni primari sono
omogenei su tutto il territorio nazionale. Di conseguenza i fabbisogni e i beni
e servizi che li soddisfano sono uguali per tutte le aree del Paese. La seconda
ipotesi è invece che i costi sono variabili nelle diverse zone. Di conseguenza,
i costi devono riflettere la variabilità territoriale dei prezzi dei beni e
servizi contenuti nel paniere. L’unità di riferimento del paniere è la
famiglia, ma ciò non significa che i bisogni individuali non siano stati
considerati. Anzi, quando necessario, come per la componente alimentare, si è
partiti da questi, per poi aggregarli a livello familiare tenendo conto delle
caratteristiche dei singoli componenti (sesso e classe di età) e delle
eventuali economie di scala o forme di risparmio o non risparmio che possono
essere realizzate al variare della composizione familiare» (5).
Sono state poi individuate tre aree di fabbisogni essenziali: alimentazione adeguata;
disponibilità di un’abitazione consona
alla dimensione familiare,
riscaldata e dotata dei principali servizi; beni durevoli ed accessori; minimo necessario per vestirsi, comunicare,
informarsi, muoversi sul territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute
che hanno costituito le tre macro componenti del paniere: alimentare,
abitazione, residuale.
Per i fabbisogni alimentari si sono utilizzati i dati
scientifici che tengono conto del sesso e dell’età degli individui. I
fabbisogni abitativi sono stati definiti facendo riferimento alle normative
vigenti in materia di ampiezza ed utenze. Per tutti gli altri bisogni familiari
e individuali – preso atto dell’impossibilità di definirne il fabbisogno in
termini quantitativi – «si è proceduto a
una esplicitazione analitica dei due principali segmenti del paniere
(alimentare e abitativo) e si è incluso tutto il resto in una voce cumulativa:
la componente residuale. Per definirla, si è seguito un metodo simile a quello
americano e si è proceduto al calcolo di coefficienti moltiplicativi da
applicare alla componente alimentare. Ciò perché la componente residuale, come
quella alimentare e diversamente da quella abitativa più legata alla dimensione
familiare, dipende dalle caratteristiche dei componenti della famiglia e dalle
differenti fasi del ciclo di vita» (6).
Infine si è posto il problema della valutazione monetaria dei fabbisogni tenendo
in considerazione tre ordini di fattori: che il prezzo di un bene o servizio
può variare a seconda delle caratteristiche e della varietà dell’offerta; che
non tutti i nuclei familiari hanno le stesse opportunità di acquistare allo
stesso prezzo (per la differente articolazione dell’offerta sul territorio e
per la diversa capacità di spostamento che la caratterizza); che i nuclei familiari con limitate capacità di spesa acquistano al prezzo più basso
a cui sono in grado di accedere. La soluzione adottata è stata di assumere
come riferimento il prezzo minimo accessibile per tutti i nuclei familiari (e
non quello minimo assoluto) in base alle caratteristiche dell’offerta nei
diversi ambiti territoriali: nell’alimentare, ad esempio, si è utilizzata la
media ponderata dei prezzi minimi individuati nell’hard discount, nella
distribuzione moderna ed in quella tradizionale.
Dalla somma diretta dei valori delle diverse
componenti si è ricavato il valore monetario del paniere complessivo. La soglia di povertà assoluta è stata
quindi costruita tenendo conto delle tipologie familiari, delle ripartizioni
geografiche, delle dimensioni del Comune di residenza. Tanto da poter dire
che «non si tratta di una soglia, ma di
tante soglie di povertà assoluta quante sono le combinazioni tra tipologia
familiare, ripartizione geografica e dimensione del Comune di residenza. Per
esempio, per una coppia di età inferiore ai 59 anni con un figlio maggiorenne e
uno di età compresa tra 11 e 17 anni, la soglia diminuisce di circa 400 euro passando
da un’area metropolitana del Nord a un piccolo Comune del Mezzogiorno» (7).
L’Istat ha calcolato le soglie di povertà assoluta per
l’anno 2005. Quelle degli anni successivi sono state stimate utilizzando
appositi indici dei prezzi. La
rivalutazione dell’intero paniere viene effettuata annualmente (e
continuerà ad essere svolta nel tempo) per ogni distinta ripartizione
geografica, applicando al valore monetario delle singole voci di spesa le
variazioni degli specifici indici dei prezzi al consumo (con riferimento ai
beni e servizi considerati).
La povertà assoluta in Italia nel 2007
i nuclei familiari italiani che nel 2007 si trovano in condizione di povertà sono 975mila
(il 4,1% delle famiglie residenti). In
questi nuclei vivono 2 milioni e 427mila individui (il 4,1% dell’intera
popolazione). Si tratta di nuclei con una spesa mensile pari o inferiore al
valore della soglia di povertà assoluta determinata con riferimento al paniere
di beni e servizi definiti con i criteri di cui al paragrafo precedente. La
soglia varia in base alla dimensione del nucleo, alla sua composizione per età,
alla ripartizione geografica e alla dimensione del Comune di residenza (8). La
spesa familiare (9) considerata è quella che l’Istat rileva attraverso
l’indagine sui consumi che viene condotta ogni anno su un campione stratificato
di circa 28mila nuclei, estratti casualmente in modo da rappresentare il totale
delle famiglie residenti in Italia (10).
Tra il 2005
e il 2007, l’incidenza della povertà assoluta (11) è rimasta
stabile, così come sono rimaste sostanzialmente immutate le caratteristiche
dei nuclei che si trovano in tale condizione. Il fenomeno è maggiormente diffuso nel Sud e nelle Isole, dove
l’incidenza del 5,8% risulta due volte superiore a quella del resto del paese. Al Nord, nel 2007, la percentuale dei nuclei poveri in termini assoluti
si attesta al 3,5%. Tra i nuclei del Centro l’incidenza è al 2,9%. Il
fenomeno della povertà assoluta viene anche descritto con riferimento alla sua
gravità. L’intensità della povertà (12), nel 2007, è risultata pari al 16,3% e
raggiunge il 18,2% tra i nuclei residenti nel Mezzogiorno.
Indicatori di povertà assoluta per ripartizione
geografica anno 2007 (migliaia di unità e valori percentuali) (13)
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Nord |
Centro |
Mezzogiorno |
Italia |
Famiglie e persone in povertà assoluta |
|
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|
Famiglie
povere |
398 |
133 |
443 |
975 |
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|
Famiglie
residenti |
11.532 |
4.670 |
7.679 |
23.881 |
|
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|
|
Persone
povere |
871 |
322 |
1.234 |
2.472 |
|
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|
|
|
Persone
residenti |
26.648 |
11.421 |
20.688 |
58.757 |
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Incidenza della povertà |
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Famiglie
|
3,5 |
2,9 |
5,8 |
4,1 |
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|
Persone |
3,3 |
2,8 |
6,0 |
4,1 |
|
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Intensità della povertà |
|
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Famiglie
|
15,1 |
14,3 |
18,2 |
16,3 |
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Le caratteristiche dei nuclei
assolutamente poveri
Le incidenze di povertà assoluta più elevate si
osservano tra le famiglie numerose,
in particolare tra quelle con tre o più
figli minori. Anche tra le famiglie
composte da anziani i valori sono superiori alla media, soprattutto se si
tratta di anziani soli.
Incidenza di povertà assoluta per alcune
caratteristiche della persona di riferimento.
Anno 2007 (valori percentuali)
Ampiezza
della famiglia
1 componente 5,0
2 componenti 3,4
3 componenti 3,3
4 componenti 3,4
5 o più componenti 8,2
Tipologia
familiare
Persona sola con meno di 65 anni 3,2
Persona sola con 65 anni e più 6,6
Coppia con persona di riferimento
con meno di 65 anni 1,8
Coppia con persona di riferimento
con 65 anni e più 3,7
Coppia con 1 figlio 2,6
Coppia con 2 figli 3,3
Coppia con 3 o più figli 8,0
Monogenitore 4,9
Altre tipologie 7,0
Famiglie con
figli minori
Con 1 figlio minore 3,1
Con 2 figli minori 3,8
Con 3 o più figli minori 10,5
Almeno 1 figlio minore 3,9
Famiglie con
anziani
Con 1 anziano 5,5
Con 2 o più anziani 5,0
Almeno 1 anziano 5,4
La povertà
assoluta è inoltre fortemente correlata
all’età, a bassi livelli di istruzione, a bassi profili professionali ed
all’esclusione dal mercato del lavoro.
Incidenza di
povertà assoluta per alcune
caratteristiche
della persona di riferimento.
Anno 2007 (valori percentuali)
Età
Fino a 34 anni 3,0
Da 35 a 44 anni 3,6
Da 45 a 54 anni 3,4
Da 55 a 64 anni 3,1
65 anni e oltre 5,6
Sesso
Maschi 3,7
Femmine 4,9
Titolo di
studio
Nessuno/elementare 7,4
Media inferiore 4,3
Media superiore e oltre 1,5
Condizione e
posizione professionale
Occupati 2,7
Occupati con lavoro dipendente 3,2
Occupati con lavoro autonomo 1,4
Non occupati 5,6
Ritirato dal lavoro 4,8
In cerca di occupazione 10,0
In altra condizione 8,1
Le soglie di povertà assoluta per gli anziani
e gli adulti non occupati
Il rapporto Istat indica valori di incidenza della
povertà superiori alla media, oltre che tra le famiglie monogenitore
(4,9%), tra le famiglie con almeno un anziano (5,4%). In particolare se
l’anziano è la persona di riferimento l’incidenza è pari al 5,6% e sale al 6,6%
tra gli anziani soli, che mostrano un valore più elevato di quello osservato
non solo tra i single più giovani (3,2%), ma anche tra le coppie di anziani
(3,7%). Un incidenza più elevata si rileva anche tra le famiglie con a capo una donna (4,9%) che, nella maggioranza
dei casi, sono rappresentate da anziane
sole (55%) e da donne sole con figli
(21%).
Le famiglie con persona di riferimento non occupata
mostrano un valore di incidenza pari al 5,6%. In particolare, risulta pari al
4,8% tra le famiglie dei ritirati dal lavoro ed all’8,1% se si tratta di
persone “in altra condizione professionale” (all’interno della quale trovano
posto, tra gli altri, gli inabili al lavoro). La condizione più grave è quella delle famiglie dove non sono presenti
occupati né ritirati dal lavoro, in quanto risultano prive sia di reddito
da lavoro che da una pregressa attività lavorativa: in questo caso ben un
quinto delle famiglie (20,5%) risulta in condizione di povertà assoluta. Infine
il valore più elevato, pari al 10%, che si riscontra nei casi in cui la persona
di riferimento è in cerca di occupazione.
Dopo aver rilevato il dato percentuale di povertà assoluta relativo al
2007, occorre focalizzare l’attenzione sulla soglia di povertà “accettabile”
quantificata dall’Istat e riferita alle tipologie familiari all’interno delle
quali potrebbero rientrare i soggetti in esame. Ciò allo scopo di formulare alcune riflessioni generali sulle condizioni in cui vivono le migliaia
di persone condannate alla povertà dai Parlamenti e dai Governi che hanno
guidato e guidano il nostro Paese.
Una prima considerazione che viene suggerita dalla
lettura dei valori riportati in tabella è che se si assume come “minimo vitale” mensile la quota in euro riferita ad
una persona tra i 18 ed i 59 anni che viva in un Comune di qualunque
dimensione, situato indifferentemente nel Nord, nel Centro o nel Sud del Paese,
e la si confronta con il reddito mensile che lo Stato assicura (nel 2009) ad un
invalido civile della stessa età ed ambito territoriale – ben 255,13 euro al
mese – emerge palesemente l’inadeguatezza del valore della pensione sociale.
Lo stesso accade – anche se in modo meno marcato nel
Mezzogiorno – se si confronta il valore della soglia di povertà delle fasce
60-74 e 75 ed oltre, con il valore dell’assegno sociale di 409,05 euro mensili
che lo Stato accorda (nel 2009) agli anziani poveri ultra sessantacinquenni.
Ma il dato
più eclatante è che alle suddette persone che abbisognano di un’assistenza
continua (anche sulle 24 ore), non
essendo più in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, lo Stato concede una indennità di
accompagnamento di 472,04 euro
mensili (nel 2009) che, anche se sommata
alle misure di cui sopra, non modifica, nella sostanza, la condizione di
povertà assoluta di chi non può disporre di altre entrate economiche.
Soglie
mensili di povertà assoluta per alcune tipologie familiari, ripartizione
geografica
e tipo di
Comune. Anno 2007 (euro)
Tipologia familiare
(14) |
Nord |
Centro |
Mezzogiorno |
||||||
Area Metropo- litana |
Grandi Comuni |
Piccoli Comuni |
Area Metropo- litana |
Grandi Comuni |
Piccoli Comuni |
Area Metropo-litana |
Grandi Comuni |
Piccoli Comuni |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1 comp. 18-59 |
724,29 |
689,83 |
650,04 |
682,98 |
648,18 |
608,00 |
538,92 |
520,18 |
487,56 |
1 comp. 60-74 |
696,27 |
661,81 |
622,02 |
659,38 |
624,58 |
584,40 |
515,84 |
497,10 |
464,48 |
1 comp. 75 + |
659,96 |
625,50 |
585,71 |
627,10 |
592,30 |
552,12 |
484,39 |
465,65 |
433,03 |
2 comp. 18-59 |
1.000,92 |
959,34 |
912,19 |
933,93 |
891,94 |
844,33 |
764,26 |
724,36 |
704,66 |
2 comp. 60-74 |
945,03 |
903,45 |
856,30 |
886,49 |
844,50 |
796,89 |
717,98 |
696,08 |
658,38 |
2 comp. 75 + |
880,75 |
839,17 |
792,02 |
829,27 |
787,28 |
739,67 |
662,23 |
640,33 |
602,63 |
1
comp. 60-74 e 1 comp. 75 + |
912,62 |
871,04 |
823,89 |
857,64 |
815,65 |
768,04 |
689,89 |
667,99 |
630,29 |
1
comp. 18-59 e 1 comp. 75 + |
939,10 |
897,52 |
850,37 |
880,05 |
838,06 |
790,45 |
711,75 |
689,85 |
652,15 |
1
comp. 18-59 e 1 comp. 60-74 |
972,35 |
930,77 |
883,62 |
909,67 |
867,68 |
820,07 |
740,60 |
718,70 |
681,00 |
1
comp. 18-59 e 2 comp. 75 + |
1.125,82 |
1.077,83 |
1.024,18 |
1.051,48 |
1.003,02 |
948,84 |
861,78 |
837,15 |
795,15 |
1
comp. 18-59 e 2
comp. 60-74 |
1.188,69 |
1.140,70 |
1.087,05 |
1.107,50 |
1.059,04 |
1.004,86 |
916,32 |
891,69 |
849,69 |
Un minimo
vitale per i poveri
ultra sessantacinquenni e gli inabili al lavoro
Dalle fondamentali innovazioni introdotte dall’Istat
nella metodologia di rilevazione, si comprende come la misura della povertà assoluta risulta particolarmente utile per la
definizione delle politiche di contrasto al fenomeno. Grazie al rapporto, «volendo, i decisori politici dispongono di
uno strumento ancora più preciso per stimare chi, nel nostro Paese, è
sicuramente povero e quindi verso chi vanno prioritariamente dirette le misure
di sostegno al reddito». Infatti «compito
dei policy makers dovrebbe essere quello di basare le
proprie scelte di contrasto alla povertà non su idee precostituite e soggettive
su chi siano i poveri, ma di effettuare una scelta sul livello di povertà che
ritengono inaccettabile e poi indirizzare i propri strumenti verso coloro che
si trovano sotto quel livello» (15).
Ed è sicuramente inaccettabile che i valori attuali
delle integrazioni al minimo pensionistico e dell’assegno sociale agli anziani
poveri – così come le pensioni di invalidità civile – siano inferiori alla
soglia di povertà individuata dall’Istituto nazionale di statistica. Occorre
dunque che il Governo ed il Parlamento intervengano per assicurare alle migliaia di persone anziane ed invalide che risultino
prive di ogni altra risorsa economica, un “minimo vitale” che tenga conto
della necessità di rispondere ai bisogni essenziali rilevati dall’Istat.
Considerazione conclusiva
Oltre all’adeguamento dei valori economici dei
principali istituti di contrasto alla povertà, appare infatti pressante
l’esigenza di condizionare l’erogazione
delle prestazioni monetarie assistenziali dello Stato ad una efficace verifica
dei mezzi, allo scopo di riservare il sostegno economico ai soli nuclei che
necessitano del “minimo vitale”. Nella situazione attuale la pensione e
l’assegno sociale, l’integrazione sociale al minimo pensionistico e la pensione
di invalidità civile e di guerra vengono purtroppo applicati a beneficiari
selezionati sulla base del solo reddito dichiarato ai fini Irpef: senza
prendere cioè in considerazione il reale ammontare di tutte le risorse
economiche possedute e – soprattutto – senza alcun controllo sulla reale entità
dei beni mobiliari e immobiliari posseduti. Ed il fatto che una parte rilevante della spesa stanziata per questi
istituti venga destinata a persone il cui reddito è sicuramente superiore alla
soglia di povertà (sia essa assoluta o relativa) determina una ulteriore penalizzazione di chi povero lo è veramente.
* Direttore del Cisap, Consorzio dei servizi
alla persona dei Comuni di Collegno e Grugliasco (Torino).
(1) La stima dell’incidenza della povertà
relativa viene calcolata dall’Istat sulla base di una soglia convenzionale
(linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto
della quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La spesa
media mensile per una persona rappresenta la soglia di povertà per una famiglia
di due componenti. Le famiglie composte di due persone che hanno una spesa
media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificate come
povere. Per i nuclei familiari di ampiezza diversa il valore della linea di
povertà si ottiene applicando una scala di equivalenza che tiene conto delle
economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti.
(2) La soglia di povertà assoluta rappresenta
la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere
di povertà assoluta. La soglia varia in base alla dimensione del nucleo
familiare, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla
dimensione del Comune di residenza.
(3) Il paniere di povertà assoluta rappresenta
l’insieme di beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati
essenziali per uno determinato nucleo familiare a conseguire uno standard di
vita minimamente accettabile.
(4) Cfr. gli articoli di Mauro Perino,
“Considerazioni sulla disuguaglianza economica e sulla povertà in Italia”, Prospettive assistenziali, n. 162, 2008
; “La dignità dei poveri e i loro
diritti”, Ibidem, n. 163, 2008;
“Cause, effetti e responsabilità delle diverse povertà”, Ibidem, n. 165, 2009.
(5) Linda Laura Sabbadini,
“Una nuova povertà assoluta”, www.lavoce.info,
5 maggio 2009.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
Per ulteriori approfondimenti sul metodo e sulla stima della povertà
assoluta si faccia riferimento alla pubblicazione “La stima della povertà
assoluta”, Metodi e Norme, n. 39,
Istat, 2009.
(8) Di conseguenza, le soglie di povertà
assoluta non vengono definite solo rispetto all’ampiezza familiare – come
avviene per la povertà relativa – ma sono calcolate per ogni singolo tipo di
nucleo, in relazione alla zona di residenza, al numero e all’età dei
componenti. Le tipologie comunali indicate dall’Istituto sono: area
metropolitana (oltre 250mila abitanti); grandi Comuni (situati nella periferia
metropolitana o con più di 50mila abitanti); piccoli Comuni (con meno di 50mila
abitanti).
(9) La spesa per consumi finalizzata alla
stima della povertà assoluta è calcolata al netto delle spese per manutenzione
straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e
rendite vitalizie, rate di mutui e restituzione di prestiti. È inoltre comprensiva degli affitti
effettivamente pagati dalle famiglie e degli affitti figurativi, stimati sulla
base della valutazione da parte del nucleo stesso. Nel caso in cui il canone di
affitto pagato dal nucleo sia inferiore a quello di mercato, questo viene
sostituito dal prezzo di mercato stesso, sotto l’ipotesi che la differenza tra
i due valori rappresenti un sussidio implicito e vada quindi classificato tra i
consumi.
(10) Data la natura dell’indagine l’Istituto
ha tenuto conto del possibile “errore campionario” ed ha costruito un
“intervallo di confidenza” – intorno alla stima dell’incidenza del 4,1% – che
oscilla, con una probabilità del 95%, tra il 3,7% e il 4,4%.
(11) L’incidenza della povertà assoluta si
ottiene dal rapporto tra il numero di famiglie con spesa media mensile per
consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale delle famiglie
residenti.
(12) L’intensità della povertà assoluta misura
di quanto in percentuale la spesa media delle famiglie definite povere è al di
sotto della soglia di povertà.
(13) Le tabelle, così come tutti i dati
citati, sono tratte da Istat, “La povertà assoluta in Italia nel 2007”, Statistiche in breve, 22 aprile 2009.
(14) Nella tabella vengono riportate solo
alcune delle tipologie familiari in cui i componenti sono adulti e/o anziani.
Per l’esame di tutte quelle rilevate si rinvia al testo del rapporto.