Sono purtroppo numerose le associazioni cui aderiscono persone in gravi
difficoltà che, invece di organizzarsi per pretendere dalle istituzioni i
servizi e le prestazioni garantite dalla Costituzione, di fronte alle
continue inadempienze degli enti pubblici tenuti ad intervenire, non
rivendicano i diritti sanciti dalle leggi in vigore, magari temendo
ritorsioni, e cadono nella trappola della gestione diretta.
E’ una trappola in quanto, in concreto e in tutti i casi, come aveva
evidenziato l’on. Domenico Rosati, già Presidente nazionale dell’Acli
(cfr. “Avvenire” del 26 giugno 2002), il soggetto che «realizza per conto
del pubblico, in regime di contributo o di convenzione […] diventa
indispensabile per il pubblico, ma reciprocamente non può farne a meno».
Infatti, come le esperienze italiane e straniere dimostrano da secoli,
l’ente che affida attività a terzi, li può sempre condizionare sia nella
prosecuzione dei contratti, sia in merito all’erogazione (tempi e
importi) dei corrispettivi economici.
In sostanza è
da sempre e per sempre praticabile il principio: chi paga, comanda, per
cui la gestione di tutte le strutture private, nessuna esclusa, è
condizionata dall’ente che le sovvenziona.
Inoltre,
se l’associazione che tutela le esigenze vitali delle persone in gravi
difficoltà, soprattutto se definitivamente e totalmente non
autosufficienti, costruisce o acquista beni immobiliari, corre il rischio
di dover continuare ad utilizzare strutture superate e quindi non più
idonee per gli utenti, com’è il caso del Villaggio del subnormale di
Rivarolo, ora Comunità La Torre, edificato dall’Anffas, Associazione
nazionale famiglie di fanciulli subnormali, ora Associazione nazionale di
famiglie di persone con disabilità intellettive e/o relazionali.
Un’altra importantissima questione, da tenere attentamente presente,
riguarda l’appoggio o meno delle comunità, locali e non, alla istituzione
o meno di questa o quella tipologia dei servizi e delle strutture,
soprattutto in relazione al sempre nefasto isolamento delle persone
deboli, siano esse giovani o adulte o anziane.
Al
riguardo è noto da secoli che detto isolamento è sempre stato utilizzato
dalle istituzioni italiane e straniere per negare, per quanto possibile in
relazione agli effettivi condizionamenti sociali e politici, le esigenze
di coloro che non erano in grado di autotutelarsi.
Pertanto, per evitare o almeno limitare l’emarginazione delle persone
impossibilitate ad autotutelarsi a causa della gravità delle loro
condizioni di salute, è della massima importanza ottenere il sostegno
delle organizzazioni che operano per il rispetto delle loro necessità e,
in particolare, quelle vitali.
Cronistoria del Villaggio del subnormale –
Comunità La Torre
1965 – L’Amministrazione
provinciale di Torino, che in quel periodo aveva competenze in merito
all’assistenza, progetta la costruzione di una struttura di ricovero per
500 persone colpite da disabilità intellettiva grave e quindi con
autonomia molto limitata o nulla, garantendo un finanziamento di
10miliardi delle ex lire. La struttura è concepita come una piccola città,
con scuole e servizi riservati esclusivamente ai ricoverati.
29 marzo 1966 – A seguito della Tavola rotonda organizzata dall’Unione
italiana per la promozione dei diritti del minore, ora Ulces – Unione per
la lotta contro l’emarginazione sociale, con la collaborazione di altre
organizzazioni, l’Amministrazione provinciale di Torino rinuncia
all’iniziativa. 15 luglio 1968–L’Amministrazione
provinciale di Torino, soprattutto a seguito della scandalosa situazione
di Villa Azzurra (1), delibera la creazione di un istituto
medico-psico-pedagogico per 144 minori disabili intellettivi ripartiti in
12 gruppi, una scuola per 144 interni e 56 esterni, un centro di
osservazione, nonché i locali per i servizi generali. Anche questa
iniziativa è stata abbandonata dalla Provincia di Torino a seguito degli
interventi dell’Ulces.
1969-1970 – Avvio della
raccolta delle firme per la presentazione al Parlamento della proposta di
legge di iniziativa popolare “Interventi per gli handicappati psichici,
fisici e sensoriali ed i disadattati sociali” (2). Nella prima
presentazione al Senato (21 aprile 1970) sono state consegnate 66.420
firme. Successivamente ne sono state depositate altre 130mila.
L’iniziativa popolare e le successive iniziative di sostegno hanno
favorito notevolmente l’approvazione della legge 30 marzo 1971, n. 118, la
prima normativa a tutela delle persone con disabilità.
1972 – Con la netta opposizione dell’Ulces e di altre organizzazioni, ma
con l’appoggio dell’Anffas, l’Amministrazione provinciale di Torino
istituisce un Istituto medico-psico-pedagogico, denominato Mainero, per 42
minori con disabilità intellettiva grave. Spende un miliardo delle ex
lire, mentre, come aveva richiesto l’Ulces, con 200-250 milioni poteva
acquistare e arredare 5-6 appartamenti per attivare 5-6 comunità alloggio
(all’epoca denominate “focolari”) in diverse zone di Torino.
14 novembre 1972 – Il Ministero dei lavori pubblici concede all’Anffas un
mutuo di 500 milioni delle ex lire per la costruzione del villaggio di
Rivarolo per 80 disabili intellettivi. Un altro mutuo di 383 milioni è
erogato all’Anffas dallo stesso Ministero, mentre la Regione Piemonte
versa a fondo perduto 250 milioni e l’Istituto bancario San Paolo di
Torino sborsa anch’esso a fondo perduto 3 miliardi e 500 milioni delle ex
lire. 4 marzo 1985 – Rispondendo ad una
interpellanza del Consigliere Adriano Andruetto, l’Assessore
all’assistenza della Provincia di Torino, Fernando Gattini precisa che «il
San Paolo ha chiesto niente a nessuno, né alla Regione, né a noi, né
all’Asl» e che nello stesso modo si è comportata l’Anffas nazionale.
18 marzo 1985 – Ventuno dirigenti di organizzazioni e di servizi (Acli
Torino, Unione ciechi Piemonte, Coordinamento Comitati spontanei di
quartiere, Scuola terapisti della riabilitazione dell’Asl Torino 1-23,
Associazione italiana assistenza spastici, Ulces, Coordinamento delle
comunità alloggio del Comune di Torino, Centro informazione politica
economica, Gruppo inserimento sociale Usl 27, ecc.) prendono posizione
contro la creazione della struttura di Rivarolo.
25
aprile 1985 – La Presidenza nazionale dell’Anffas, nella relazione
relativa alla struttura di Rivarolo, evidenzia che «non è purtroppo vero
che la persona con handicap psichico nella maggior parte dei casi trovi
giovamento dal proprio contesto familiare».
9
maggio 1985 – L’Assessore all’assistenza della Provincia di Torino,
Fernando Gattini, scrive al Presidente nazionale dell’Anffas, protestando
perché in merito al Villaggio «tutto è stato deciso nella testa degli Enti
che si interessano» delle questioni relative alla disabilità intellettiva
e precisando che, in base alle esperienze acquisite in merito alle
comunità, l’Amministrazione provinciale di Torino ha scelto «un numero non
superiore ad otto utenti» e che una struttura della stessa Provincia di
Torino per 21 disabili intellettivi è stata sostituita da cinque comunità
«dove sono stati inseriti 7/8 utenti per ognuna». Pertanto l’Assessore
Gattini afferma che «piaccia o non piaccia, un centro per venti persone
medio-gravi, come previsto da Voi, si configura già come un piccolo
istituto e richiederà una gestione di servizi generali (vestiario, mensa,
ecc.) di notevole proporzioni e costi elevati, mentre una comunità è più
autonoma nella sua gestione, dall’acquisto delle vivande alla gestione in
proprio della casa con l’attiva partecipazione degli utenti
nell’autogestirsi la giornata, iniziando dalla preparazione del pranzo».
Inoltre l’Assessore Gattini evidenzia che con i fondi disponibili l’Anffas
poteva attivare «certamente un minimo di dieci» comunità per un totale di
«70/80 utenti e non per venti». Dopo aver segnalato che a Locana, Comune
posto nelle vicinanze di Rivarolo, è in funzione «una piccola comunità
famiglia con 4/6 utenti», informa l’Anffas che la Provincia di Torino ha
attivato dieci comunità in diversi Comuni e che ne sono in allestimento
altre otto, mentre sono operanti diciotto centri diurni per 20/25 utenti e
altri 11 sono di prossima apertura.
26 luglio 1985
– Con un colpo di mano l’Assessore alla sanità e all’assistenza sociale
della Regione Piemonte, Sante Bajardi del Pci, sottoscrive un accordo con
l’Anffas, il Sindaco di Rivarolo, l’Ussl 38 ed i Sindacati Cgil, Cisl e
Uil in cui sono previste, nell’ambito del Villaggio, le seguenti
strutture: due comunità alloggio di 8 posti ciascuna per 12 disabili
residenti nell’Ussl 38 o in altre viciniori e 4 provenienti da qualsiasi
parte d’Italia; un centro diurno di 25 utenti, una sede per
l’aggiornamento professionale degli operatori dell’Anffas con 34 posti
letto per gli allievi, un centro di documentazione, alloggi per il
direttore e il custode, nonché locali per una palestra, piscina, cucina e
mensa. 18 ottobre 1987–Alla presenza del Presidente
del Consiglio dei Ministri, Giovanni Goria (che come Ministro del tesoro
si era distinto per gli attacchi allo stato sociale e alle persone più
deboli), viene inaugurato il Villaggio del subnormale.
Nell’occasione
viene distribuito un volantino da parte del Comitato “No al Villaggio del
subnormale di Rivarolo” (3) di cui riproduciamo integralmente il testo:
«Siamo qui per ricordarvi
CHE NON È GIUSTO RINCHIUDERE GLI HANDICAPPATI
IN ISTITUTO O STRUTTURE ASSIMILABILI. Noi non siamo d'accordo; non
vogliamo emarginarli e nasconderli in ghetti, per il quieto vivere della
società. CHE RIVAROLO È UNA BATTAGLIA PERSA nella
strada battuta in questi anni per l'inserimento degli handicappati, perché
calpesta il DIRITTO di queste persone a vivere in un normale contesto di
vita, di studio, di lavoro.
CHE RIVAROLO ESISTE
PERCHÉ: - risolve i problemi dell'ANFFAS;- risolve i problemi degli Enti
pubblici;- lascia in pace la coscienza del cittadino comune;- è in linea
con chi vuole emarginare fisicamente gli handicappati.
CHE L'ISTITUTO SAN PAOLO Dl TORINO POTEVA DARE IL SUO CONTRIBUTO ALLE
ALTERNATIVE AL RICOVERO che erano state proposte: - almeno una comunità
alloggio o un centro diurno (CST) per insufficienti mentali in ogni USSL;-
comunità alloggio per anziani e per minori handicappati.
Non dovete dimenticare
CHE I SERVIZI ASSISTENZIALI
NEI RIGUARDI DEGLI HANDICAPPATI (E DEGLI ALTRI CITTADINI) vanno
predisposti nel territorio di appartenenza, per non creare situazioni di
deportazione assistenziale.
CHE IL PREVISTO
INSERIMENTO DI ORFANI DI ALTRE REGIONI impedisce alle persone che saranno
ricoverate di conservare i legami affettivi e i rapporti con fratelli,
sorelle, altri parenti, anche di un solo genitore.
CHE OGNI USSL DEVE PROVVEDERE AI PROPRI ABITANTI, secondo uno dei
principi fondamentali della riorganizzazione del settore assistenziale,
NESSUNO ESCLUSO. Ci dispiace
- che i più deboli siano sempre allontanati dalla società;- che gli Enti
locali subiscano e non programmino;- che, in questo caso, le associazioni
tutelino più se stesse che i diritti di chi dovrebbero difendere;- CI
DISPIACE PER TUTTI GLI HANDICAPPATI CHE FINIRANNO IRRIMEDIABILMENTE
RINCHIUSI NEL VILLAGGIO DEL SUBNORMALE A RIVAROLO».
30 dicembre 1991 – Su proposta dell’Anffas l’Amministratore straordinario
dell’Ussl 38 approva una delibera in cui – tenuto conto che la palestra e
la piscina del Villaggio del subnormale, denominato “Comunità La Torre”,
sono inutilizzate , la sede per l’aggiornamento degli operatori è quasi
mai aperta, il centro diurno è frequentato da 10-12 disabili e funziona
una sola comunità alloggio con 8 ospiti (la seconda è chiusa) – è prevista
la destinazione della struttura alla creazione di una Rsa, residenza
sanitaria assistenziale per il ricovero di 30 persone con disabilità e di
38 anziani prevalentemente non autosufficienti.
1995 – La Fondazione Anffas “Dopo di noi” intende ricavare nello spazio
disponibile del terreno in cui sorge la “Comunità La Torre” 30 alloggi
mono e bilocali, per i genitori con un figlio disabile a prezzi da 65 a
165 milioni. I genitori non ne acquistano la proprietà, ma solamente il
diritto di abitarli. Per ottenere questo diritto devono avere versato il
50% del prezzo dell’alloggio; l’altro 50% deve essere depositato a favore
della Fondazione quale prestito infruttifero, che verrà restituito agli
eredi alla morte dei genitori; la Fondazione rientra nella piena proprietà
dell’alloggio alla morte dei genitori. La persona con handicap continuerà
a frequentare il centro diurno, mentre per l’inserimento nella struttura
residenziale i genitori devono prendere accordi con gli enti di
provenienza degli utenti per la stipula degli appositi accordi.
14 giugno 1995 – A conoscenza del progetto, pubblicato sul n. 2,
marzo-aprile 1995 di “La Rosa Blu”, il Direttore dell’Usl e il Sindaco di
Rivarolo scrivono alla Fondazione “Dopo di noi” segnalando, in
particolare, che «non si ritiene che da parte Vostra sia possibile dare la
“garanzia che il proprio figlio rimasto orfano sarà ospitato presso la
Comunità La Torre”».
16 gennaio 2020 – Sul sito
della Fondazione “Comunità La Torre-Anffas” viene segnalato che la
Fondazione «gestisce servizi che erogano prestazioni socio-sanitarie, di
tipo diurno e residenziale, per la cura e la presa in carico delle persone
con disabilità intellettiva e relazionale, dei loro familiari e/o legali
rappresentanti, in stretta collaborazione con gli Enti pubblici (Comuni,
Consorzi comunali, Asl)». Per quanto concerne i presidi Raf viene riferito
quanto segue: «Presso la Fondazione "Comunità "La Torre" sono attivi
quattro nuclei Raf di dieci ospiti ciascuno più 4 posti per progetti
specifici in Corso Indipendenza 126. I nuclei Raf hanno il compito di
accogliere persone con disabilità intellettive con difficoltà specifiche
di apprendimento accompagnato a limitazioni dello sviluppo cognitivo e
della sfera emozionale associati a compromissioni di natura organica. La
vita quotidiana all'interno di ciascuno dei nuclei Raf, possiede le
caratteristiche tipiche di una situazione familiare; gli ospiti, nel
rispetto delle basilari regole di convivenza, godono di spazi di autonomia
con la possibilità di dedicarsi alle attività preferite; sono considerate
opportunità significative per la crescita personale e di gruppo, anche
attività come il riassetto della casa, i piccoli acquisti, la preparazione
di alcuni semplici alimenti. Un gruppo appartamento di tipo A, in grado di
ospitare 6 persone con disabilità intellettiva dove è presente un buon
grado di autonomia per la gestione della quotidianità. Un Centro diurno
riabilitativo, che ospita fino a 20 persone disabili e con sede a Rivarolo
Canavese in Corso Indipendenza 126. Per ciascuno dei quattro nuclei Raf
sono previsti Oss, educatori e infermieri professionali a garanzia di un
intervento quantitativamente e qualitativamente attento ai bisogni di
ciascuno degli ospiti dei nuclei stessi. Questi rapporti, nel rispetto
della normativa vigente, sono costantemente garantiti durante le assenze
del personale titolare con opportune sostituzioni. Tale rapporto
assistenziale ed educativo consente la programmazione e l'effettuazione di
interventi individualizzati. Gli ospiti vengono seguiti in tutte le
attività quotidiane, promuovendo l'autonomia personale mediante interventi
dedicati come previsto dai piani educativi individualizzati; in
particolare si cura l'apprendimento, il miglioramento e la conservazione
delle competenze delle autonomie nelle seguenti aree […]».
Per quanto concerne la “Residenza Claudio” le informazioni sono le
seguenti: «Nel gennaio 2007 la Fondazione "Comunità La Torre" Anffas
Onlus stipula la convenzione con il Ciss 38 per l'affidamento in gestione
della struttura "Residenza Claudio" per venti anziani in condizione di
svantaggio sociale, non autosufficienti, nucleo già presente nella
struttura dal 2001 e con la gestione dello stesso tramite appalto di
cooperative. Dal 15 gennaio 2012 con voltura la Fondazione "Comunità La
Torre" Anffas Onlus diviene direttamente proprietaria e gestore
dell'autorizzazione al funzionamento e dell'accreditamento, della
Residenza Claudio. La Residenza si trova al primo piano di un’ala della
struttura della Fondazione, con accesso indipendente a lato del Campanile
di San Desiderio, comunemente chiamata torre, simbolo della Fondazione. Un
nucleo, Residenza Claudio, per anziani non autosufficienti in situazione
di svantaggio sociale (…) ha l'obiettivo di fornire
accoglienza, prestazioni assistenziali e di recupero a persone in
condizioni psico-fisiche di non-autosufficienza di bassa, di medio-bassa e
di media intensità. Il servizio rappresenta una risposta fondamentale per
gli anziani che per scelta o per necessità non possono più vivere
completamente soli nella propria abitazione, per la mancanza della
capacità di provvedere completamente alla cura di sé stessi, all'igiene
dell'ambiente domestico, oppure alle piccole faccende di tutti i giorni.
L'inserimento può avere carattere temporaneo o definitivo. La struttura ha
una disponibilità di venti posti letto suddivisi in camere singole e
doppie».
Note
(1) Cfr. il libro di Alberto Gaino, Il manicomio dei bambini. Storie
di istituzionalizzazione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2017.
(2) Sulla questione del disadattamento sociale la posizione
dell’Ulces è stata profondamente modificata a seguito dei dibattiti
svoltisi per la raccolta delle firme.
(3)
Contro il Villaggio dell’Anffas era stato costituito un Comitato del quale
facevano parte: F. Gattini, Lega per le autonomie locali; F. Santanera,
Presidente dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale; E.
Venesia, Coordinatrice socio-assistenziale del Comune di Torino; M.
Faloppa, Insegnante comandata dal Ministero della pubblica istruzione
presso l'Anffas di Torino per seguire i problemi scolastici degli
handicappati; G. Callegari, attività svolta: Coordinatore della Scuola
Educatori specializzati e dei Centri socio-terapeutici per handicappati
del Comune di Torino; M. Mancini, Consigliere Provincia di Torino del Pci;
G. Gardiol, Consigliere Provincia di Torino di Dp; A. Andruetto,
Consigliere Provincia di Torino della Sinistra indipendente; M. Lucà,
Presidente provinciale delle Acli; L. Massa, Segretario regionale
piemontese della Lega per le autonomie locali; D. Vanara, Responsabile
dell'Ufficio Coordinamento handicappati della Provincia di Torino; E.
Gaveglio, Coordinatore socio-assistenziale del Comune di Torino; P.
Maggiorotti, Responsabile Area Educazione Sanitaria USL Torino 1-23 e
Presidente del Coordinamento Para e Tetraplegici; V. Bozza, Consiglio
direttivo della Sezione Anffas Torino e rappresentante sindacale Funzione
pubblica Cgil; R. Foti, Funzionaria della Regione Piemonte addetta alla
Formazione professionale degli handicappati; S. Bonnet, Vice Presidente
della Sezione Aias di Torino; R. Tarditi, Lega per il diritto al lavoro
degli handicappati; R. Rubin Saglia, Coordinamento Comitati spontanei di
quartiere; G. Tedeschi, Centro Informazioni Politiche ed Economiche; B.
Guidetti Serra, Consigliere Comune di Torino di Dp; C. Montefalchesi e C.
Baffert, Consiglieri Comune di Torino della Sinistra indipendente; G.
Ardito, Capogruppo PCI del Consiglio provinciale di Torino; D. Imarisio,
Coordinamento Comunità alloggio del Comune di Torino; A. Tassinari,
Coordinatrice Scuola Superiore Servizio Sociale; M. Guerrini, Funzionario
del Comune di Torino; G. Tarditi, Direttore Scuola Terapisti della
riabilitazione dell'Ussl Torino 1-23; C. Brucato, Coordinamento Servizi di
Neuropsichiatria infantile; G. De Leo, Segretaria regionale piemontese
della Società italiana di Neuropsichiatria infantile e Coordinatrice dei
Servizi di Neuropsichiatria infantile di territorio dell'Usl Torino 1-23;
R. Pettigiani, Coordinatrice progetto minori del Comune di Torino; R.
Bertani, Coordinamento Affidamenti familiari del Comune di Torino; C.
Cattaruzzi, Coordinatrice Centro sociale della Circoscrizione 3 di Torino;
C. Meda, Coordinamento problemi con Autorità giudiziaria del Comune di
Torino; M. Peirone, Coordinatrice Scuola Educatori Firas di Torino; P.
Rollero, Ispettore scolastico e Giudice onorario della Corte di Appello,
Sezione minorenni di Torino; E. Zagaria, psicologa Ussl 24; Gruppo 23
Operatori dell'Ussl 24; F. Malerba, Gruppo inserimento sociale Ussl 27; G.
Carena, Coordinatore Servizi sociali Comune di Torino; G. Salatino,
Presidente provinciale di Torino dell'Unione italiana ciechi; E. Boni,
Coordinamento Autogestione Handicappati; G. Pallavicini, Presidente
Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie; P. Otelli, Csa
Ussl 39 - Chivasso; Gruppo 15 Operatori Usl 1-23 Torino e Comune di
Torino; G. Piraccini e A. M. Cappelli, Direttori didattici Torino; P. L.
Quaregna, A. Novallet e S. Manzi, Segreteria Cgil Scuola Torino.
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