emoriale delle vittime dell'emarginazione sociale

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  Breve storia delle ipab
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
IPAB




1880-1888      Una Commissione reale svolge una approfondita indagine sulle IPAB. Ne individua 21.819. Denuncia «gli abusi troppo frequenti per i quali la legge non dava né una efficace prevenzione, né i mezzi di una giusta riparazione» e «le rendite colossali che si spendevano senza una vera pratica utilità per la popolazione sofferente».

1890      Viene approvata la legge n. 6972 che stabilisce severe norme per l’amministrazione delle IPAB. Tra l’altro, impone (art. 102) quanto segue: «Ogni anno il Ministro dell’interno deve presentare al Senato e alla Camera dei Deputati una relazione intorno ai provvedimenti di concentramento, raggruppamento e trasformazione delle IPAB e di revisione dei relativi statuti e regolamenti emanati nell’anno precedente. Deve pure presentare un elenco delle amministrazioni disciolte, coll’indicazione dei motivi che avranno determinato lo scioglimento».

Non essendo state presentate le suddette relazioni, non è stato mai possibile accertare il numero reale delle IPAB funzionanti e la destinazione dei patrimoni di quelle disciolte.

Caratteristiche salienti della legge 6972/1890 sono:

• i patrimoni ed i relativi redditi devono essere assegnati esclusivamente a favore delle persone e dei nuclei familiari in gravi condizioni socio-economiche;

• i beni mobiliari e immobiliari non possono mai essere utilizzati per la copertura delle spese di gestione.

1970      Il Ministro dell’interno segnala che le IPAB ancora esistenti sono 9.000. Non viene fornita alcuna informazione circa le 12.819 IPAB mancanti rispetto al censimento del 1880-1888.

1977      Ai sensi dei commi 5, 6, 7, 8 e 9 dell’art. 25 del DPR 616:

«5. Le funzioni, il personale ed i beni delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti nell’ambito regionale sono trasferite ai Comuni singoli o associati, sulla base e con le modalità delle disposizioni contenute nella legge sulla riforma dell’assistenza pubblica e, comunque, a far tempo dal 1° gennaio 1979.

6. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina una commissione composta da quattro rappresentanti delle regioni, quattro dell’ANCI (Associazione nazionale dei comuni d’Italia), tre dell’ANEA (Associazione nazionale fra gli enti comunali di assistenza), un rappresentante dell’UNEBA (Unione nazionale enti di beneficenza e assistenza), avente il compito di determinare, entro 1 anno dalla nomina, l’elenco delle IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) che sono da escludere dal trasferimento ai Comuni in quanto svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa.

7. L’elenco di cui al comma precedente è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ove, entro il 1° gennaio 1979, non sia stata approvata la legge di riforma di cui al precedente quinto comma, la legge regionale disciplina i modi e le forme di attribuzione in proprietà o in uso ai comuni singoli o associati od a comunità montane dei beni trasferiti alle Regioni a norma dei successivi articoli 113 e 115, nonché il trasferimento dei beni delle IPAB, di cui ai commi precedenti, e disciplina l’utilizzo dei beni e del personale da parte degli enti gestori, in relazione alla riorganizzazione ed alla programmazione dei servizi disposte in attuazione del presente articolo.

8. Le attribuzioni degli Enti comunali di assistenza, nonché i rapporti patrimoniali ed il personale, sono trasferiti ai rispettivi Comuni entro e non oltre il 30 giugno 1978. Le Regioni con proprie leggi determinano le norme sul passaggio del personale, dei beni e delle funzioni dei disciolti enti comunali di assistenza ai Comuni, nel rispetto dei diritti acquisiti dal personale dipendente.

9. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della finanza locale, la gestione finanziaria delle attività di assistenza attribuite ai Comuni viene contabilizzata separatamente e i beni degli ECA (Enti comunali di assistenza) e delle IPAB, di cui al presente articolo, conservano la destinazione di servizi di assistenza sociale anche nel caso di loro trasformazione patrimoniale».

Il Governo emana il decreto legge 487 per prorogare al 31 marzo 1979 il termine stabilito dal sopra riportato 5° comma dell’art. 25 del DPR 616/1977, ma il Parlamento non lo converte in legge.

1979      Il Governo emana un secondo decreto legge (n. 113) che ha soprattutto lo scopo di escludere gran parte delle IPAB dal trasferimento ai Comuni. Anche questo provvedimento non è convertito in legge dal Parlamento. Un terzo decreto legge (n. 209) sostanzialmente uguale al precedente, viene emanato dal Governo. Anch’esso non viene convertito in legge dal Parlamento.

1981      Con una sentenza molto “politica” del 17 luglio, la Corte costituzionale dichiara illegittime le norme dell’art. 25 del DPR 616/1977 relative al trasferimento delle IPAB infraregionali ai Comuni singoli e associati.

1982      Nella seduta della Camera dei Deputati del 17 febbraio, l’On. Marisa Galli valuta in 30-40 mila miliardi i patrimoni delle IPAB.

1988      Con la devastante sentenza n. 396, la Corte Costituzionale, dopo aver sostenuto che in seguito alla legge 6972/1890 non potevano operare fondazioni ed associazioni dotate di personalità giuridica privata (il che non è assolutamente vero), dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge suddetta. Di conseguenza molti patrimoni (in via di larghissima approssimazione per un valore di 30-40 mila miliardi) sono stati dati a titolo assolutamente gratuito ai privati che in qualche modo si sono dichiarati i rappresentanti dell’ente, magari costituito alcune centinaia di anni fa.

1989      Al convegno di Torino del 12 dicembre, organizzato dal CSA (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), Mons. Giovanni Nervo, a quel tempo Coordinatore nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per i rapporti Chiesa-Territorio e Presidente della Fondazione Zancan, nella relazione “Principi etico-sociali sulla privatizzazione delle IPAB”, afferma quanto segue: «Il primo principio etico, equivale per i credenti ad un Co­mandamento di Dio: non rubare. I patrimoni delle IPAB sono stati donati da privati cittadini per i poveri. Prima che fossero donati erano di proprietà dei privati, dopo che sono stati donati, sono diventati proprietà dei poveri. Questo principio rimane, qualunque siano state le vicissitudini storiche e giuridiche».

1990      Nonostante che la materia sia di competenza del Parlamento, con decreto del 16 febbraio il Presidente del Consiglio dei Ministri stabilisce i principi che le Regioni devono osservare per il riconoscimento della personalità giuridica privata delle IPAB a carattere regionale e infraregionale «alle quali sia alternativamente accertato: a) il carattere associativo; b) il carattere di istituzione promossa ed amministrata da privati; c) l’ispirazione religiosa». Ai suddetti organismi sono trasferiti a titolo gratuito i patrimoni mobiliari e immobiliari delle IPAB privatizzate.

1991      Nonostante le sopra ricordate sentenze della Corte costituzionale, sulla base delle norme della legge 6972/1890 permane la possibilità di estinzione delle IPAB e del trasferimento dei relativi beni ai Comuni. Ad esempio, la Regione Piemonte emana il 23 settembre il decreto di estinzione delle IPAB “Colonie alpine e marine Regina Margherita”.

1996      Sul n. 6, dicembre 1996 della rivista IPABOGGI, viene valutato in 50 mila miliardi il patrimonio complessivo delle IPAB.

1890-1999 In base alla legge 6972/1890 i patrimoni immobiliari e mobiliari di molte IPAB inattive sono stati trasferiti ai Comuni. Ad esempio, al Comune di Torino sono pervenuti beni del valore di circa mille miliardi. Tuttavia, va segnalato che nessuno controlla che i suddetti beni (il cui ammontare complessivo può essere stimato in 40-50 mila miliardi) ed i relativi redditi vengano destinati alle persone ed ai nuclei familiari in gravi condizioni socio-economiche. Nessun controllo viene inoltre effettuato sulla destinazione dei patrimoni e delle rendite (30-40 mila miliardi) dati a titolo gratuito alle IPAB privatizzate.

1999      Secondo quanto risulta dal resoconto dei lavori della XII Commissione della Camera dei Deputati del 28 giugno 1999 le IPAB sono attualmente 5.200 e detengono un patrimonio di circa 37 mila miliardi. Esse svolgono le seguenti attività: ricovero di minori, handicappati e di anziani, gestione di scuole materne, di mense e altre iniziative a favore della fascia più debole della popolazione.

1999      In base al testo “Disposizioni per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” predisposto dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e all’esame dell’Aula di Montecitorio dal 5 luglio, si vorrebbe:

a) abrogare la destinazione esclusiva alle persone ed ai nuclei familiari in gravi condizioni socio-economiche dei 37 mila miliardi dei beni delle IPAB ancora esistenti, il che comporterebbe anche una sanatoria sulle numerose e gravi irregolarità commesse in merito all’utilizzo dei patrimoni regalati ai privati in base alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 396 del 1988 e di quelli trasferiti ai Comuni. La posta in gioco riguarda complessivamente patrimoni per 120-140 mila miliardi ed i relativi redditi;

b) mettere a gratuita disposizione di associazioni e fondazioni parte delle IPAB ed i relativi beni e redditi;

c) stabilire un nuovo non meglio identificato regime giuridico delle IPAB rimanenti;

d) togliere il vincolo stabilito dalla legge 6972/1890 in base al quale i patrimoni non possono essere utilizzati per coprire le spese di ge­stione.

 (*) Analoghe considerazioni valgono per l’utilizzo dei patrimoni e delle relative rendite degli enti assistenziali disciolti (ECA, ONMI, ENAOLI, ecc.) e per i lasciti disposti a favore dei Comuni.

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