Notiziario della Fondazione promozione sociale (n. 13)
(tratto da Prospettive Assistenziali, 159, 2007)
La decisione non è stata semplice, perché,
analogamente a quanto si verifica nel settore degli
anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer o degli adulti
con patologie invalidanti e/o degenerative (ad esempio persone affette da
sclerosi multipla, traumatizzati cranici), all’attività pura e semplice di
opposizione alle dimissioni, deve necessariamente seguire anche una precisa
azione nei confronti delle istituzioni (Regioni, Asl, enti locali), perchè
siano realizzate le risposte socio-sanitarie idonee a soddisfare le esigenze di
questi malati: cure domiciliari, centri diurni sanitari e ricoveri
convenzionati in Residenze sanitarie assistenziali.
Per raggiungere questi obiettivi
I lettori di Prospettive
assistenziali conoscono bene le difficoltà e gli
ostacoli incontrati, ma anche i risultati ottenuti con il volontariato dei
diritti.
Tuttavia, recentemente si è costituito un
coordinamento tra le associazioni di tutela dei malati psichiatrici che hanno
assicurato il loro appoggio alla petizione popolare[2] e una
piattaforma comune di richieste nei confronti della Regione Piemonte e delle
Asl a cui hanno aderito anche il Csa.
L’attività di sportello come vedremo più avanti – può
soddisfare le esigenze del singolo caso, ma, nel contempo permette di entrare
nello specifico dei problemi, individuare gli ostacoli e avanzare proposte
operative concrete alle amministrazioni a tutela dei diritti di questi malati: aspetto
questo che dovrà essere sostenuto dall’attività delle associazioni di tutela. A
titolo di esempio riportiamo una delle situazioni
seguite.
Il caso della signora E. V.
Il 7 marzo 2007 la signora E. V. telefona alla
Fondazione. Ha il padre di 78 anni ricoverato in una casa di cura convenzionata
per malattie mentali. È agitata e preoccupata perché, a dieci giorni dal
ricovero avvenuto in seguito ad una forte crisi, con aggressività manifestata
nei confronti della moglie (di anni 74)[3], il
medico del reparto le ha annunciato la dimissione del paziente a giorni.
La signora ha accolto in casa la madre (che è terrorizzata), ma ha una bambina piccola e non può
assolutamente occuparsi del padre se rientrasse al domicilio.
E che ne sarebbe di lui – si chiede – una volta a casa,
da solo, incapace com’è di provvedere alle esigenze minime: farsi da mangiare,
andare a fare la spesa, prendere le medicine?
È l’assistente sociale dell’Asl, a cui si è rivolta,
che le ha consigliato di rifiutare le dimissioni e di
rivolgersi alla nostra Fondazione.
Chiariamo con la signora E. V. che l’obbligo di cura
spetta in effetti al Servizio sanitario nazionale e
non ai familiari.
Poiché l’alloggio è affittato a
nome del padre, consigliamo per il momento di continuare a ospitare presso di
lei la madre.
Vista la minaccia di dimissioni
incombente le suggeriamo però di
inviare subito la seguente raccomandata con ricevuta di ritorno:
«Egr. Direttore Generale Asl
- Egr. Direttore Generale Asl
- Egr. Direttore Sanitario (Ospedale o
Casa di cura privata convenzionata
Confermo mia impossibilità ad accettare le dimissioni di mio marito C. V. affetto da ideazione delirante
con tematiche di gelosia nei miei confronti vedi documentazione allegata) attualmente
ricoverata presso
«Chiedo pertanto ai
responsabili in indirizzo di agire nei suoi riguardi attivando i percorsi di
cura necessari
alla sua tutela».
Il primo risultato è che le
dimissioni non sono più così imminenti, anche se i medici della Casa di Cura
continuano a non voler prendere in considerazione i problemi della moglie.
La figlia, pur avendo molti sensi
di colpa, perché vuole bene al padre, capisce che non può permettere che torni
a casa con grave rischio per l’incolumità di sua madre. Sostenuta dalla
Fondazione resiste alle pressioni, ma decide di incontrare il padre.
Riesce ad avere un colloquio ragionevole
con lui, che accetta l’ipotesi di un ricovero definitivo in Rsa; nell’arco di
una quindicina di giorni il signor C. V. è trasferito, con il suo consenso,
dalla casa di cura ad una Rsa con ambulanza a carico del Servizio sanitario
regionale. La moglie può rientrare a casa.
Altre iniziative
della figlia
Purtroppo la struttura di ricovero
è situata a più di
La signora decide quindi di
scrivere alla Presidente della Giunta della Regione
Piemonte per evidenziare la difficoltà, con una figlia piccola, a seguire la
madre anziana e il padre ricoverato così lontano.
Inoltre, informata dalla Fondazione sui diritti dei
ricoverati in Rsa, assume anche iniziative concrete nei riguardi della
struttura e invia la lettera riportata in precedenza.
Infine, per rappresentare meglio
gli interessi di suo padre decide anche di assumere le funzioni di amministratore di sostegno e, dopo essersi consultata con
l’Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali), che segue per conto
della Fondazione questa attività, ha presentato autonomamente la domanda, come
previsto dalla legge 6/2006.
Commento
Questi sono i fatti, così come
sono accaduti, che dimostrano che le leggi vigenti tutelano i malati cronici non
autosufficienti, qualunque sia la loro patologia.
Osservo che il malato non è
entrato in nessuna lista d’attesa e ha ottenuto il ricovero, entro due mesi
circa, passando direttamente dall’ospedale (ricovero in Tso) alla casa di cura
e poi alla Rsa convenzionata.
Certamente non è stato tutto
lineare, perché la signora E. V., come spesso capita con i parenti, ha avuto
non pochi timori prima di decidersi a scrivere, temendo ricatti e ripercussioni
negative nei confronti del malato.
Si noti che la telefonata è del 7
marzo 2007, ma la lettera verrà inviata solo il 3
aprile, e cioè quasi un mese dopo, durante il quale la signora ha tentato
(inutilmente) di risolvere la questione “parlando” con i medici e l’assistente
sociale.
Ma, come riconoscerà in seguito, è
l’invio della lettera raccomandata che ha modificato significativamente la
situazione.
Nel caso in specifico, vista l’età (78 anni)
Nel caso di giovani e/o adulti con
problemi psichiatrici gravi la risposta dovrebbe
essere la comunità alloggio sanitaria.
Auspichiamo, quindi, che
associazioni di tutela dei malati psichiatrici sostengano la difesa dei casi
singoli e, contestualmente, promuovano le iniziative necessarie (comprese azioni
rivendicative e di protesta) nei confronti delle istituzioni, affinché sia
davvero esigibile il diritto alle cure sanitarie per i malati psichiatrici che
non possono rientrare al proprio domicilio e siano realizzate le strutture
residenziali necessarie in misura adeguata al fabbisogno.
Come abbiamo spiegato inizialmente
[1]
- fornire le informazioni e il sostegno necessari ai
familiari di soggetti con handicap intellettivo e ai congiunti di adulti e anziani cronici non autosufficienti (compresi i
malati di Alzheimer), affinché possano tutelare al meglio i diritti dei propri
familiari;
- aiutare i cittadini a predisporre correttamente le
richieste agli enti pubblici per ottenere le prestazioni necessarie (ad esempio
centri diurni, comunità alloggio);
- ottenere la prosecuzione delle cure presso ospedali
o case di cura private convenzionate degli adulti e
degli anziani cronici non autosufficienti, quando non è possibile il loro
rientro a domicilio e non è disponibile un posto letto convenzionato con l’Asl
in una residenza socio-sanitaria;
- richiedere agli enti locali l’integrazione delle
rette di ricovero, prevista dalle leggi vigenti e che riguardano gli anziani
malati cronici non autosufficienti ultrasessantacinquenni ed i soggetti con
handicap in situazione di gravità.
La consulenza è fornita previo appuntamento, a titolo
gratuito.
[2] Ci
riferiamo alla petizione popolare (tuttora in corso) rivolta al Presidente
della Regione Piemonte, ai Sindaci, ai Presidenti delle Province, delle
comunità montane e dei consorzi socio-assistenziali, ai Direttori generali
delle Asl e delle Aso, sottoscritta da oltre 50 organizzazioni del terzo
settore. Si vedano al riguardo gli articoli pubblicati
su Prospettive assistenziali “Una
petizione popolare per richiedere idonei provvedimenti sanitari, socio-sanitari
e assistenziali a favore dei soggetti deboli del Piemonte”, n. 153, 2006; Maria
Grazia Breda, “Petizione popolare per il Piemonte: i primi risultati ottenuti”,
n. 157, 2007.
[3] Nella dichiarazione medica che la signora E. V. ha
inviato successivamente risulta che il signor C. V. «Entra in reparto proveniente dal Servizio
psichiatrico di diagnosi e cure dove era stato
ricoverato in regime di Tso [trattamento
sanitario obbligatorio, n.d.r.] in data 7 febbraio 2007 e trasferito con diagnosi
di episodio psicotico acuto, vasculopatia ischemica cerebrale generalizzata,
ipertensione arteriosa con insufficienza renale, ipertrofia prostatica. Al
domicilio il paziente aveva più volte aggredito la moglie
spinto da una ideazione delirante con tematiche di gelosia (…)». Al
momento del trasferimento alla casa di cura il medico conferma che «permane l’interpretatività delirante nei
confronti della moglie che consiglia al momento il proseguimento delle cure in
casa di cura».