Nel lavoro della Fondazione promozione sociale, relativo all’anno 2009, è
prevista un’iniziativa di carattere culturale a sostegno delle attività delle
associazioni aderenti al Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti
di base).
Come è noto, la Fondazione nasce e si fonda proprio sull’esperienza di oltre
quarant’anni di volontariato dei diritti[1] svolta da questo coordinamento, nato
nel 1970 e tuttora operante, impegnato per la tutela e la difesa dei diritti dei
minori in difficoltà, delle persone con handicap intellettivo, degli adulti e
anziani malati cronici non autosufficienti (compresi i malati di Alzheimer e
altre demenze e i soggetti con problemi psichiatrici gravi).
Nella piattaforma presentata all’Amministrazione comunale di Torino, insediatasi
nel 2006, il Csa ha deciso, per la prima volta, di coinvolgere l’Assessorato
alla cultura, affinché si faccia carico della predisposizione e diffusione di
iniziative culturali volte anche alla promozione dei diritti dei soggetti più
deboli e non solo al piacere e allo svago dei cittadini che stanno bene.
La richiesta nasce dalla constatazione del divario sempre più ampio che esiste
tra chi può permettersi anche l’accesso a concerti, mostre, teatri, eventi
(finanziati in massima parte con soldi pubblici) e chi invece non ha nemmeno il
necessario per vivere o è privato anche dei diritti fondamentali, come ad
esempio quello alle cure sanitarie e socio-assistenziali.
Ci stiamo riferendo alle persone con handicap in situazione di gravità,
impossibilitate a svolgere qualunque attività lavorativa, che devono vivere con
la misera somma di euro 255 mensili; oppure agli anziani cronici non
autosufficienti dimessi dagli ospedali anche in assenza della garanzia di
continuità delle cure sanitarie, “scaricati” totalmente sulle spalle delle
famiglie, spesso costituite dal solo coniuge a sua volta molto vecchio e malato.
E poi ci sono i nuclei familiari in difficoltà, sovente con minori a carico, le
persone sole e sprovviste dei mezzi necessari per vivere, sovente anche prive
della già miserrima pensione di invalidità.
Questi cittadini, assolutamente non in grado di difendersi, rientrano nelle
cosiddette fasce deboli, quelle più dimenticate e più sacrificate quando, in
sede di bilancio, si devono operare tagli, specialmente ora che si è in tempo di
crisi.
Come abbiamo cercato di illustrare in più incontri all’Assessore alla cultura,
alla Dirigenza, ai Consiglieri comunali della Città di Torino, la cultura
dovrebbe avere invece tra i suoi obiettivi anche quello di avvicinare quei
cittadini fortunati, che al momento sono esenti da problemi come quelli citati,
ai problemi di chi sta peggio. La carenza di cultura generale di tutti, in
materia di diritti delle fasce più deboli della popolazione, sta diventando un
grosso problema. Abbiamo invece bisogno che anche le persone cosiddette normali
comprendano le esigenze di chi è in situazione di difficoltà personale grave e
siano quindi disponibili a rinunciare ad esempio anche a qualche evento
culturale o altra iniziativa non indispensabile per la loro esistenza per
liberare risorse dai bilanci (regionali, provinciali, comunali) da assegnare a
chi è in posizione di debolezza a causa della gravità delle sue condizioni
personali e sociali.
Iniziative culturali sarebbero utili anche per promuovere e rilanciare
l’accoglienza del diverso, di chi fa più fatica a integrarsi perché sempre più
lasciato ai margini della società, se non addirittura malmenato e vilipeso
proprio perché incapace di difendersi come è accaduto recentemente nei confronti
di persone in situazione di handicap.
Se proprio non è la solidarietà o il senso di giustizia a guidarci, non dovremmo
almeno dimenticare che ciascuno di noi è a rischio e potrebbe diventare un
potenziale soggetto debole e incapace di difendersi: ad esempio non siamo immuni
dal diventare malati di Alzheimer o può capitare improvvisamente un incidente o
una malattia degenerativa che ci costringerebbe a scoprire che vi sono esigenze
di salute più cogenti e impellenti del benessere che può assicurarci un evento
culturale.
L’obiettivo quindi è quello di promuovere una cultura capace non solo di
intrattenere ma anche di informare e sensibilizzare e, quando è possibile,
lavorare per la prevenzione, a maggior ragione, in un periodo di crisi e
rivolgersi anche a chi ha meno opportunità e meno risorse e, per questo, è a
maggior rischio di emarginazione sociale e di abbandono se non ha conoscenza dei
propri diritti e di come esigerli.
Cultura vista, quindi, anche come occasione di educazione permanente per tutti i
cittadini, oltre che educazione a una cittadinanza solidale e non
individualista.
Una iniziativa pilota: “Guarire dalla bullonite si può. Progetto teatrale a
partire da letture animate”
La Fondazione promozione sociale, condividendo le finalità del Csa, ha accettato
di sperimentare alcune proposte culturali di avvicinamento ai cittadini su
questi temi per dimostrare anche concretamente alla Regione e agli enti locali
che la cultura può essere utile per far “crescere in consapevolezza” dei propri
diritti e dei diritti di chi si trova in difficoltà.
La prima esperienza è stata realizzata nei giorni 28 ottobre e 18 e 19 novembre
2008 al Circolo dei Lettori di Torino, ente che dipende dall’Assessorato alla
cultura della Regione Piemonte.
Oltre al riconoscimento del compenso per il lavoro svolto dalle attrici, nonché
alla messa a disposizione gratuita della prestigiosa sede del Circolo dei
Lettori, la Direttrice dell’Ente ha contribuito alla riuscita del progetto
mettendo in contatto la Fondazione con le due attrici, Manuela Massarenti e
Adriana Zamboni, che hanno accettato con entusiasmo di collaborare con noi.
Su loro consiglio si è scelto il mezzo della lettura animata e si è altresì
deciso di affrontare un tema caldo, quello del bullismo nei confronti di allievi
con handicap intellettivo. Ne è nata la pièce teatrale intitolata Guarire dalla
bullonite si può, della durata di circa due ore, rivolta agli alunni delle
scuole medie e ai loro insegnanti. Le letture hanno avuto molto consenso e sono
state replicate anche presso la sede di altre scuole medie.
Il testo base della lettura è stato liberamente tratto dal libro Star bene
insieme a scuola si può?, scritto a Emilia De Rienzo[2], che lo ha riadattato
con il supporto delle due attrici. Durante il lavoro teatrale si alternano le
testimonianze di ragazzi della scuola media che raccontano il loro disagio a
scuola e i dialoghi tra due insegnanti che, su questi racconti, si interrogano e
riflettono. Le parole delle attrici sono accompagnate da immagini visive,
proposte da Adriana Zamboni attraverso una videocamera e da suoni e musica.
Prime valutazioni
In questo primo tentativo ci si è posti la finalità di aiutare i ragazzi tra i
10 e i 14 anni a comprendere che ognuno di loro è una persona con una sua
individualissima storia che va accettata e valorizzata nella sua diversità.
Con questa rappresentazione si è voluto mettere in risalto quanto troppo spesso
si chieda ai ragazzi di essere “forti”, sempre all’altezza di… senza che essi
possano dare mai spazio e voce alle loro difficoltà e valorizzare la loro
diversità. Si è cercato poi di far comprendere quanto i ragazzi nella
realtà-scuola e non solo siano disabituati a entrare in contatto con la loro
fragilità e complessità e portati quindi a seguire modelli omologanti più che a
cercare ciò che è proprio della nostra individualità. Questo fa di loro delle
persone “mutilate”, che non imparano a guardarsi dentro, non sanno entrare in
dialogo né con se stessi né con gli altri.
La lettura animata cerca di raccontare la diversità che è in ognuno di noi e la
necessità di accettare la “fragilità” che ci abita tutti indistintamente. Solo
accogliendo questa parte di noi si possono affrontare le difficoltà perché si
possono guardare in faccia senza negarle, perché se ne può parlare e ci si può
confrontare. Nel riuscire a parlarne si può superare quella solitudine che
accompagna tanti ragazzi, ma anche tanti adulti e riscoprire il valore della
condivisione e della solidarietà e la necessità di riconoscere il diritto ad una
scuola che sia a misura di ogni ragazzo.
Alla fine della rappresentazione si è tenuto un confronto e un dialogo con i
ragazzi che hanno partecipato attivamente raccontando le loro esperienze e le
loro impressioni. Si è poi chiesto alle insegnanti di continuare il lavoro in
classe fornendo loro del materiale per la discussione.
Lo spettacolo ha visto la partecipazione complessiva finora di circa 30 classi
di Torino e provincia. Lo scopo dello spettacolo è quello anche di sollecitare
gli insegnanti a confrontarsi con i ragazzi sulle difficoltà di relazione dei
ragazzi fra di loro e sul loro disagio, di promuovere discussioni fra di loro e
trovare, in modo concreto, strategie per affrontare i problemi che man mano
emergono.
In seguito allo spettacolo si sono realizzati incontri con alcuni insegnanti che
hanno partecipato per un momento di confronto e scambio sui temi sollevati dalla
pièce teatrale.
Cerchiamo collaborazioni
La pièce teatrale si può riproporre con molta facilità e con costi molto
contenuti, come dimostra l’ampio successo ottenuto in pochi mesi di
rappresentazione. Chi è interessato può contattare la Fondazione promozione
sociale[3], che provvederà a mettervi in relazione con Emilia De Rienzo,
incaricata del coordinamento del progetto culturale per i diritti dei più deboli
e che molto si è spesa per la riuscita dell’iniziativa mettendo a frutto anche
la sua esperienza di insegnante.
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[1] Cfr. Giuseppe D’Angelo, Anna Maria Gallo e Francesco Santanera, Il
volontariato dei diritti - Quarant’anni di esperienza nei settori della sanità e
dell’assistenza, Utet Libreria.
[2] Emilia De Rienzo, Star bene insieme a scuola si può?, Utet Università,
Torino, 2006. De Rienzo è condirettrice della Collana “Persona e società: i
diritti da conquistare”, edita dall’Utet Università e dall’Utet Libreria,
promossa dall’Ulces, Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale,
associazione presente nel Consiglio di amministrazione della Fondazione
promozione sociale.
[3] Fondazione promozione sociale, via Artisti 36, 10124 Torino, tel.
011-812.44.69, fax 011-812.25.95; e-mail info@fondazionepromozionesociale.it