Notiziario della Fondazione promozione sociale  168/2009

 

 

LA SCUOLA DELL’ACCOGLIENZA:

APPRENDERE DALLE DIFFERENZE

 

L’attività statutaria della Fondazione promozione sociale contempla – tra l’altro – la promozione di iniziative volte ad ottenere gli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali necessari per prevenire il disagio personale e l’emarginazione sociale (articolo 2, lettera b dello statuto).

Allo scopo, oltre alla  raccolta e analisi della necessaria documentazione, lo statuto prevede anche la realizzazione o partecipazione a convegni, dibattiti, nonché ogni altra utile iniziativa di informazione, formazione e aggiornamento culturale e professionale.

In questo ambito si colloca il convegno, di cui riportiamo un breve resoconto, “La scuola dell’accoglienza: apprendere dalle differenze” svoltosi a Milano il 16 ottobre 2009.

L’incontro, realizzato dall’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), in collaborazione con la Fondazione promozione sociale onlus, la rivista Prospettive assistenziali, il Comitato per l’integrazione scolastica e con il patrocinio del Comune di Milano e della Regione Lombardia, aveva l’obiettivo di offrire ai docenti strumenti di analisi alle nuove e complesse tipologie familiari, quali le famiglie affidatarie e adottive, nonché sostenere – anche con la messa in comune degli strumenti normativi – gli insegnanti e le famiglie, che devono quotidianamente misurarsi con una persona in situazione di handicap, specialmente se con limitata o nulla autonomia.

Alla Fondazione promozione sociale è stato chiesto di illustrare l’azione del volontariato dei diritti con riferimento alle questioni che riguardano l’affidamento familiare a scopo educativo, l’adozione, l’integrazione dei minori in situazione di handicap nella scuola. Ecco una breve sintesi dell’intervento presentato.

 

Il volontariato dei diritti e la questione

delle persone deboli e non in grado

di difendersi autonomamente

Il libro A scuola di diritti (1), che fa parte della collana “Persona e società: i diritti da conquistare” edita dall’Utet Libreria e dall’Utet Università, si apre con una citazione di Norberto Bobbio: «Continuo a preferire la severa giustizia alla generosa solidarietà».

Anche la Fondazione promozione sociale ritiene che solo il diritto – e quindi la giustizia – possano garantire i più deboli. Nel citato libro A scuola di diritti viene ricordato che «il diritto si concretizza solo quando un interesse viene garantito dalla legge. Se non c’è una norma specifica che riconosca e tuteli un ben determinato interesse, non si può parlare di diritto. E la legge è un riferimento indispensabile per ogni cittadino, è spesso l’unica ancora di salvezza per coloro che, a causa dell’incapacità di autodifendersi, non possono e non potranno mai protestare, scioperare o utilizzare altre necessarie forme di pressione».

Ovviamente i bambini, le persone in situazione di handicap – specie se intellettivo – rientrano tra questi soggetti. Senza le leggi, che hanno promosso l’affidamento a scopo educativo dei minori con famiglie problematiche o l’adozione di quanti si trovano in situazione di abbandono materiale e morale, nonché l’integrazione sociale dei soggetti con handicap a scuola, migliaia di persone continuerebbero a restare escluse dalla società e rinchiuse negli isti­-tuti.

Si può dire che le difficoltà che gli insegnanti incontrano oggi a scuola, a causa di questi bambini con storie qualche volta complesse, sono il risultato delle battaglie civili degli anni sessanta-settanta. Infatti, l’Anfaa e l’Ulces (Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale), che sono tra le associazioni costitutive della Fondazione, sono nate rispettivamente nel 1962 e nel 1965; la pubblicazione della rivista Prospettive assistenziali risale al 1968. Sono gli anni in cui si lotta contro l’istituzione totale, vengono chiusi gli istituti per l’infanzia e più tardi i manicomi. Nel 1967 viene approvata la legge sull’adozione; nel 1971 la prima legge di tutela delle persone in situazione di handicap e nel 1977 la legge sull’integrazione scolastica nella scuola dell’obbligo. Nel 1984 viene approvata la legge nazionale che regolamenterà, oltre all’adozione, anche l’affidamento familiare a scopo educativo.

È grazie a queste leggi che i minori con famiglie problematiche o totalmente inadeguate e le persone con handicap, anche grave, hanno potuto essere inserite nella società di tutti e frequentare la scuola di tutti con enormi vantaggi non solo per loro stessi, ma anche per tutta la collettività.

I minori adottati non sono più a carico dello Stato, ma sono uomini e donne pienamente inserite; così i bambini affidati hanno potuto evitare i danni dell’istituzionalizzazione, mentre i soggetti con handicap – anche in situazione di gravità – sono rimasti nella loro famiglia e, chi è in possesso di potenzialità lavorative, ha potuto inserirsi anche nel lavoro.

 

I diritti sociali conquistati: come la scuola

può contribuire a difenderli e a migliorarli

per rispondere ai bisogni dei bambini

con difficoltà personali o sociali

Anche in questo caso prendiamo in prestito una citazione, quella di Franco Prina, riportata nella post-fazione di un altro libro della collana precedentemente citata, Il volontariato dei diritti (2): «I diritti sociali si affermano nel conflitto». Ovvero, i diritti conquistati non sono per sempre, chi è “forte” cercherà di prevaricare il più debole; è per questo che è importante il ruolo che possiamo svolgere come volontariato per la tutela dei diritti di chi non è in grado di difendersi. Ruolo spesso scomodo, perché non è escluso che si debba, per l’appunto, entrare in conflitto anche con l’istituzione per ottenere il rispetto di un diritto.

 

È rilevante il ruolo che può svolgere la scuola

per la promozione di una cultura dei diritti

dei più deboli ed il superamento

di stereotipi culturali ormai obsoleti

Dalla beneficenza al diritto

In generale la nostra società punta a premiare il volontariato della beneficienza/carità che noi definiamo consolatorio. È quello più rassicurante, che trova spazio sui mass-media, sostegno dalle istituzioni, ma anche da parte dei cittadini che magari con l’esborso di una somma si mettono a posto la coscienza, ma poi non si preoccupano di intervenire per rimuovere le cause che hanno creato quella condizione di bisogno.

Ad esempio è più facile chiedere un contributo per far andare avanti una mensa per i poveri piuttosto che un impegno costante nei confronti di Regioni ed Enti locali perché approvino un provvedimento che riconosca il diritto esigibile, a chi è privo di mezzi economici ed inabile al lavoro, di un assegno mensile che gli permetta di vivere in modo dignitoso. La scuola e gli insegnanti possono promuovere un cambiamento; aiutare gli allievi ad assumere una capacità critica delle ragioni che determinano condizioni di bisogno e  cercare con loro i percorsi che democraticamente si dovrebbero richiedere a tutela delle persone interessate. Non basta “il dono”, ci vuole  “il diritto”.

Handicap intellettivo

È necessario pensarli adulti: aiutare i genitori a conoscere le loro effettive potenzialità: se ci sono, bisogna puntare al loro inserimento lavorativo anche indirizzandoli a percorsi idonei nella formazione professionale; oppure sostenerli nell’accettare i loro limiti – se in situazione di gravità – accompagnandoli “dopo” l’obbligo scolastico-formativo verso percorsi socio-assistenziali adatti a mantenere i livelli di autonomia acquisiti.

Non scaricare sulla famiglia il problema, ma agire al fianco della famiglia

Anche gli insegnanti possono attivarsi in prima persona, ad esempio, quando non vengono rispettati alcuni diritti per gli allievi con handicap: il trasporto, l’ausilio, il supporto specialistico. Intervenire nei confronti delle istituzioni responsabili dei ritardi o delle negligenze; coinvolgere la collettività, creare dibattito sul tema: sono solo alcuni esempi di azioni che si possono mettere in campo per la tutela dei diritti conquistati con la legge, ma sovente disattesi, per le persone con handicap.

Affido, adozione, minori in comunità alloggio

Accogliere e sostenere il minore “difficile” è investire nel suo futuro, ma anche nel nostro; è prevenire la devianza possibile di questi giovani da adulti; è costruire per loro un percorso formativo che porti alla vera autonomia attraverso il lavoro e la piena realizzazione di sé; anche questa è sicurezza sociale. Impegnarsi  contro la dispersione scolastica, contro i fallimenti nella scuola dell’obbligo formativo è interesse anche nostro perché i costi sociali del disagio giovanile e degli adulti non inseriti, che finiscono sovente per delinquere, nascono anche dal mancato inserimento scolastico e sociale.

L’importanza di educare allo sviluppo di una coscienza/conoscenza dei propri e altrui diritti

Si può insegnare a non avere paura di difendere i propri e altrui diritti: segnalazioni,  coinvolgimento delle istituzioni responsabili sono solo alcuni  strumenti  che la  democrazia ci mette a disposizione per migliorare la società in cui viviamo.

Per esempio, se l’associazione Ulces ha potuto costituirsi parte civile in un processo contro i gestori di una comunità alloggio per minori è stato grazie alla testimonianza dell’insegnante di sostegno di uno di questi adolescenti ospiti della comunità. Visti i segni dei maltrattamenti subiti, non ha esitato a rivolgersi ai carabinieri.

Conclusioni

Le buone prassi hanno bisogno di buone leggi e di bravi cittadini che si lascino coinvolgere e, con pazienza e tenacia, si impegnino per la difesa dei diritti dei più deboli come se fossero i propri.

 

 

 

 (1) Cfr. Roberto Carapelle, Giuseppe D’Angelo e Francesco Santanera, A scuola di diritti. Come difendersi da inadempienze e abusi della burocrazia socio-sanitaria, Utet Università.

(2) Giuseppe D’Angelo, Anna Maria Gallo e Francesco Santanera, Il volontariato dei diritti. Quarant’anni di esperienze nei settori della sanità e dell’assistenza, Utet Libreria.