1) Su ricorso presentato dall’avvocato Maria Luisa
Tezza, nella
sentenza n. 339/2015 il Consiglio di Stato, preso atto della
seguente relazione medica della Signora A.B. «Diagnosi: tetraplagia, afasia,
disfagia in paziente con esiti di ischemia temporale bilaterale cortico-sotto
corticale ed emorragia dei nuclei della base sinistra. Esiti di embolia
polmonare ripetuta ed infarto del miocardio apicale. Fibrillazione atriale… è
invariato il quadro di gravissima disabilità… Per la persistenza dell’aritmia da
fibrillazione atriale… introdurre in terapia l’anticoagulante orale (…)»,
ha precisato che «la qualifica di anziano non autosufficiente (…) non
esclude che a detta condizione possa associarsi quella più grave di disabile».
Pertanto, mentre l’Ussl, Unità socio-sanitaria locale di Bussolengo (Verona) e
la Regione Veneto sostenevano che le prestazioni fornite dalla Rsa alla signora
A. B. rientravano fra le attività di competenza dell’assistenza sociale, il
Consiglio di Stato ha riconosciuto «la prevalenza delle prestazioni
sanitarie rispetto a quelle assistenziali che con essa concorrono, rese in
favore di malato in condizione di disabile, caratterizzata da gravità e
cronicità», fatto che «determina, in linea con il concorde orientamento
della giurisprudenza di questo consesso, esclusivo impegno economico del
Servizio sanitario regionale negli oneri di spesa».
2)
Inoltre la seconda Sezione civile del Tribunale
di Roma nella sentenza
n. 14180/2016, ha condannato
«la Regione Lazio al pagamento in favore
di A. B. della somma complessiva di euro 13.393,44, oltre interessi dalla data
di pubblicazione della sentenza al saldo» quale restituzione degli importi
versati a titolo di compartecipazione della retta dovuta per il ricovero, presso
una Rsa, del padre «affetto da demenza da
Alzheimer di grado medio-severo e da altre patologie correlate» in quanto,
come aveva stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4558/2012
«l’attività prestata in favore di soggetto
gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è
qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del Servizio
sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 730 del 1983,
secondo cui sono a carico del Servizio sanitario nazionale gli oneri delle
attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali».
3) Ricordiamo altresì sullo stesso tema le
seguenti sentenze:
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n. 7020/2015
della prima Sezione civile del Tribunale di Milano,
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