Articolo
tratto da IL RISVEGLIO POPOLARE dell’ 8 ottobre 2004
IVREA - LA NUOVA GESTIONE ADOTTATA DALL’ASL
SU INSISTENZA DEL CSA
IVREA -
E' stata definita, a buon diritto, una
"piccola rivoluzione culturale": dallo scorso mese di giugno è stata
avviata, in seno all'Asl 9, la sperimentazione delle dimissioni concordate
dalle strutture ospedaliere, per garantire una continuità assistenziale
nei casi di persone che necessitino di proseguire le cure a domicilio, o in
strutture residenziali. Quante volte abbiamo sentito - quando, magari, non ne
siamo stati protagonisti o testimoni diretti - lamentele sugli ospedali, sul
fatto che i degenti vengano "sbattuti fuori"
prima possibile per liberare posti-letto, quasi sempre insufficienti a
soddisfare la domanda?
Questa nuova modalità di raccordo
tra la funzione ospedaliera e la funzione territoriale cerca di ovviare, in
qualche misura, ad alcune delle disfunzioni che si possono verificare nelle
dimissioni ospedaliere, e sancisce un fatto: la famiglia ha diritto a non
essere lasciata sola, una volta che il proprio congiunto viene dimesso
dall’ospedale. "E' un passo importante - dichiara Pietro Poggi, presidente
del Coordinamento Sanità e Assistenza tra quindici associazioni del territorio
che si occupano di tali problematiche, primi fautori di questa nuova iniziativa
-; certo gli strumenti sono ancora pochi, ma la strada imboccata ci pare sia quella giusta. Chiediamo che l’Asl, ora, compia uno
sforzo ulteriore per informare i pazienti sulla nuova
procedura adottata ".
Al Csa il direttore generale dell'Asl, Carmelo Del
Giudice, riconosce grande merito. "E' stato il
coordinamento a stimolarci - ammette - a intraprendere
questa via; sappiamo che ci vorrà del tempo perché questo tipo di mentalità
divenga patrimonio diffuso tra i medici ospedalieri (educati, non senza motivo,
in un'ottica di autonomia del ruolo); ma i primi risultati, verso la creazione
di un'integrazione tra ospedale e territorio, li incominciamo a cogliere".
La tutela dei diritti del malato è sancita per legge; ma il modo di attuare i
dettami della legge, si sa, può variare molto, nelle diverse situazioni.
Il sistema dei servizi domiciliari e residenziali, ha
aggiunto Del Giudice, è cresciuto costantemente negli
ultimi anni, e nel medio periodo si prevede che il trend di crescita prosegua
(ovviamente tenendo conto delle risorse disponibili). Così i casi di assistenza domiciliare integrata erano 600 nel 2002, sono
750 quest'anno e si prevede che, per il 2006, possano crescere di 100 unità
circa. Lo stesso dicasi per i posti letto nelle
residenze (sanitarie assistenziali o flessibili), passati da 411 nel 2002 a 514
quest'anno, e con un'ipotesi di incremento fino a 650 nel 2006.
"L'iniziativa avviata - spiega il dottor Giovanni
Caruso, direttore del Distretto sanitario 1, quello che comprende i centri
dell'eporediese e del calusiese - è servita anche a rivedere al
nostro interno alcuni aspetti organizzativo-gestionali. Il Distretto di
residenza del cittadino diventa l'interlocutore per i reparti ospedalieri (cioè i primari dovranno segnalare al Distretto i casi di
pazienti che richiedono ulteriore assistenza, dopo la dimissione
dall’ospedale), e ha il compito di verificare, con il medico di fiducia e la
famiglia, la reale possibilità di assistere al domicilio; nel caso ciò non
fosse possibile, il Distretto deve verificare, con l'Unità di Valutazione
Geriatrica, (che è la struttura dell'Asl 9 che gestisce gli inserimenti nelle
strutture) la possibilità di un inserimento permanente, o temporaneo, presso
una residenza".
Questi i primi risultati registrati: in un'ottantina di
giorni di osservazione ci sono state 62 segnalazioni
dai reparti: due terzi di queste dai reparti di ortopedia (21), medicina (16) e
neurologia (9); 13 delle persone segnalate sono state dimesse in via ordinaria
al proprio domicilio, senza particolari sostegni assistenziali se non la
disponibilità dei servizi a intervenire in caso di necessità; per 15 casi la
scelta è stata sempre il domicilio, ma con la garanzia, a sostegno della
famiglia, di interventi integrati tra il medico di medicina generale e il
personale infermieristico; altri 24 casi sono stati inseriti in strutture
residenziali; e per un ultimo gruppo di 9 persone si sono scelte soluzioni
diversificate: ricoveri in altri reparti per aggravamento delle condizioni,
scelte private delle famiglie, o decessi intercorsi durante la scelta della
risposta più opportuna.
"Dai reparti ospedalieri - prosegue Caruso -
sollecitano con forza una risposta in tempi brevi alle loro segnalazioni. Per
questo abbiamo stabilito un tempo operativo medio, tra la segnalazione e
l'inserimento, di 5 giorni per il domicilio e 15 giorni per i residenziali:
standard sostanzialmente rispettati, anche se per alcuni casi i tempi diventano
elevati, in considerazione delle specifiche condizioni della persona e della
famiglia. I problemi a cui dovremo dare risposta sono:
una più diffusa e approfondita informazione, nei reparti, sulle caratteristiche
delle dimissioni concordate che non sono segnalazioni 'finalizzate a liberare
il posto letto in reparto', ma dimissioni con la diretta partecipazione, quando
il caso lo richiede, del personale sanitario del reparto; un maggiore confronto
tra il personale sanitario dei reparti e il personale sanitario delle strutture
residenziali: in qualche caso i medici delle strutture residenziali non hanno
avuto la possibilità di confrontarsi con i colleghi ospedalieri, prima
dell'inserimento del paziente; una più precisa e chiara informazione ai
familiari sulle possibilità di assistenza territoriale (domiciliare e
residenziale)".
m.s.