“IL DIRITTO DI TUTTI I BAMBINI FIN DALLA NASCITA ALLA
FAMIGLIA E
Allegato 3
Proposte per un linguaggio appropriato in
materia di adozione[1]
1. I bambini non si tolgono
I bambini
adottati (ma lo stesso si potrebbe dire per quelli affidati) non sono stati
tolti ai loro genitori dai giudici minorili: i magistrati, invece, con i loro
provvedimenti, li hanno sottratti ad una vita di privazioni che spesso li hanno
segnati anche duramente.
Non usiamo più
questo verbo quando si parla di bambini allontanati dal loro nucleo familiare:
è un dovere delle istituzioni tutelarli e proteggerli.
È però
necessario che questi bambini non vengano dimenticati
dagli operatori e dai giudici per anni negli istituti e nelle comunità. Nei
casi in cui la situazione non sia risolvibile mediante adeguati aiuti
psico-sociali alle famiglie d’origine, occorre che le istituzioni procedano al
più presto al loro inserimento, a seconda delle
situazioni, in una famiglia adottiva o affidataria, come previsto dalla legge
184/1983.
2. Bambini abbandonati
La scelta che compie la donna, che decide per motivi anche
drammatici, di non diventare la madre del piccolo che ha partorito non
riconoscendolo come figlio, compie una scelta responsabile che merita il
rispetto di tutti: quel piccolo non è abbandonato bensì consegnato alle
istituzioni perché lo inseriscano al più presto in una famiglia.
Il bambino non
riconosciuto, e quindi affidato alle istituzioni, non è abbandonato; va
considerato tale solo quello che viene lasciato in
luoghi dove la sua vita è messa a repentaglio!
Se passa del tempo prima che sia inserito in famiglia e quindi è
costretto a trascorrere mesi di vita in ospedale o in comunità, privo delle
cure familiari indispensabili per la crescita di ogni bambino, la
responsabilità di questa situazione non è della donna che non l’ha
riconosciuto, ma delle istituzioni che non sono intervenute tempestivamente.
Il problema
tempo è sovente molto sottovalutato: alcuni giudici minorili e operatori
sociali pensano ancora che non sia grave se questo neonato passa alcuni mesi in
comunità prima dell’inserimento in una famiglia, in
attesa del decreto di adottabilità. Invece cambia
molto se ci mettiamo dal punto di vista del bambino e non dell’adulto. Esiste
ancora troppa ignoranza o noncuranza riguardo alle conseguenze delle carenze di cure affettive sul bambino!
3. I figli adottati sono figli
veri
Il rapporto
che unisce figli e genitori adottivi è fondato sulla
conoscenza reciproca, su legami affettivi costruiti giorno dopo giorno, in modo
non sempre facile e lineare, ma forte ed autentico. Siamo diventati i loro
genitori veri conquistandoci giorno dopo giorno un posto nel loro cuore. Siamo
i loro genitori, senza nulla togliere a quelli che hanno dato loro la vita e
non sono riusciti a fare loro da madre e
padre.
È quindi ora
di smettere di usare il termine “veri” riferito ai genitori d’origine.
4. Adozioni fallite
Se ne parla
molto in questi ultimi anni. Ma vogliamo fermarci a
riflettere su chi ha fallito? Si sbaglia, e di grosso, a scaricare solo sui
genitori la responsabilità di inserimenti spesso
tardivi di bambini e bambine, che hanno subito a volte non solo la privazione
di cure dalla famiglia d’origine, ma che continuano a pagare, in prima persona,
i ritardi, le incertezze delle istituzioni (amministratori, operatori, giudici,
ecc.) che avrebbero dovuto occuparsi presto e bene di loro.
Sono le stesse
istituzioni che dovrebbero scegliere la famiglia migliore per loro e che invece
si sono talvolta limitati a prendere atto di disponibilità che devono essere
attentamente verificate, perché non sempre coincidono con la capacità di far
fronte alle esigenze di bambini chiaramente provati. L’amore non basta!
Forse
dovremmo, più propriamente, parlare di amministratori,
giudici, operatori che hanno fallito, facendo pagare alle famiglie (figli, per
primi, e genitori adottivi) la loro impreparazione, le loro scelte, i loro
pregiudizi.
Le vere
adozioni fallite sono quelle che non sono state realizzate, quelle dei minori
che pur essendo in stato di adottabilità non sono
stati adottati. Cogliamo anche questa occasione per
denunciare le gravissime inadempienze del Ministro della giustizia che non ha
ancora istituito la banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili e non
adottati: questi bambini, grandicelli, malati o handicappati – di cui nessuno
parla – hanno diritto ad avere una famiglia.
5. Sostegno a distanza
È scorretto utilizzare la denominazione
adozione a distanza per indicare iniziative dirette a supportare progetti nei
confronti di bambini e dei loro familiari nei Paesi del Sud del
mondo.
L’adozione è
l'atto sociale e giuridico in base al quale i bambini diventano figli a tutti
gli effetti di genitori che non li hanno procreati e, parallelamente, i
genitori diventano padre e madre di un figlio non nato
da loro. Pertanto utilizzare la denominazione adozione a distanza in questo contesto comporta connotazioni riduttive per l'adozione.
Analoghe considerazioni negative valgono per le varie “adozioni” fasulle
propagandate continuamente da giornali, radio e televisioni (adotta un nonno,
adotta un delfino, adotta un cane, adotta una strada, adotta un monumento…).
[1] Testo tratto da Prospettive assistenziali, n. 149, 2005.