“IL DIRITTO DI TUTTI I BAMBINI FIN DALLA NASCITA ALLA
FAMIGLIA E
Allegato 4
La normativa italiana vigente attribuisce alle donne tre importanti diritti:
La situazione normativa attuale
Attualmente alle Province sono attribuite le seguenti
competenze che esse continueranno ad esercitare fino ad approvazione di una legge
nazionale o regionale di modifica delle norme vigenti:
– assistenza ai minori nati fuori del matrimonio;
– funzioni assistenziali già svolte dall'Onmi in materia di minori nati nel matrimonio, nonché di gestanti e madri aventi difficoltà socio-economiche (legge n. 67/1993). Ciò non in tutte le Regioni;
–
i ciechi e sordi poveri rieducabili.
L’emergenza
del problema
È stata realizzata dal Ministero una campagna informativa in 5
lingue contro l’abbandono dei piccoli rivolta, oltre alle mamme, alle
gestanti e alla gente comune, al personale sanitario, ai Comuni, ai politici,
alle associazioni del privato sociale e del volontariato. Da ricerche
effettuate dallo stesso Ministero emerge che l’abbandono dei minori riguarda
tutti i ceti sociali: l’unica costante è la solitudine della donna insieme alla
paura del giudizio in casa, in famiglia, ancora più forte nei piccoli paesi.
Inoltre il 1°
rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (anno
2004-2005), realizzato da 35 associazioni italiane e internazionali che si
occupano del problema, evidenzia che i piccoli non riconosciuti dichiarati
adottabili sono circa 350-400 ogni anno.
L’altra emergenza assolutamente
preoccupante riguarda gli infanticidi: essi sono in costante aumento: 12 nel 1998,
14 nel 1999, 20 nel 2000 e 63 nel 2001.
Quale Coordinatore degli Assessori alle politiche sociali
pongo al dibattito e alla riflessione di quanti oggi
partecipano al convegno con la loro esperienza e professionalità alcune
tematiche di cui riferirò, con il vostro contributo, in sede tecnica nazionale
del coordinamento degli Assessori e che successivamente potranno “tradursi” in
Linee guida nazionali.
Esse potrebbero dare indicazioni rispetto al
raggiungimento di alcuni sub-obiettivi, tenuto
presente che l'obiettivo prioritario e da tutti condiviso è quello di garantire
ai bambini e agli adolescenti la tutela dei diritti fondamentali alla salute,
alla crescita, alla famiglia, ecc., nella consapevolezza che dovranno
parallelamente essere eliminate le discriminazioni in materia di assistenza ai
minori in modo da evitare conflitti di competenza, sovrapposizione di
interventi, e promossi i necessari provvedimenti affinché tutte le funzioni
socio-assistenziali inerenti i minori siano attribuite ai Comuni. Ciò si è già
realizzato in Emilia Romagna (legge regionale 2/2003) e in Piemonte (legge
regionale 1/2004).
Pertanto i
punti che ritengo importante proporre alla vostra riflessione e di cui mi farò
portavoce in sede nazionale sono i seguenti :
1. individuazione,
sulla base delle pluriennali esperienze realizzate nel nostro Paese, degli atti
occorrenti per garantire interventi idonei a prevenire gli abbandoni che
mettono in pericolo la vita dei neonati, per evitare gli infanticidi e per
fornire alle gestanti le prestazioni necessarie perché possano assumere con la
massima loro responsabilizzazione possibile le decisioni circa il
riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati e ciò si rende possibile
solamente se sono loro garantiti i diritti sopra citati (scelta se riconoscere
o meno il neonato come figlio, diritto alla segretezza del parto, diritto
all'informazione);
2. attivazione
e/o potenziamento di interventi di prevenzione attraverso campagne
pubblicitarie anche locali che tengano conto delle peculiarità culturali e
sociali territoriali;
3. definizione
di protocolli a livello territoriale (v. associazioni di Comuni, di Asl,
convenzioni con il privato sociale, il volontariato, questura) per individuare
percorsi comuni di informazione-formazione, di intervento, di reperimento di
risorse e comunque di supporto alle gestanti e alle madri in grave difficoltà
anche attraverso, ad esempio, la disponibilità di stanze letto singole al
momento del parto, ospitalità presso comunità in cui la donna possa essere
accompagnata da personale competente, nei due mesi dopo il parto, nel momento
in cui deve prendere la decisione se riconoscere o meno il proprio nato;
4. sollecitazione
perché nei piani di zona venga assunta questa problematica e definite le modalità di risposta e di reperimento delle
risorse;
5. esigenza di formazione per tutti coloro che vengono a contatto con queste situazioni. Non solo pertanto è necessario conoscere la normativa vigente rispetto all’assistenza sociale, psicologica e sanitaria prima, durante e dopo il parto, qualunque sia la propria scelta (tutelando così il diritto alla salute del nascituro), ma soprattutto deve essere considerata l’estrema delicatezza degli interventi rivolti ad ottenere in tutta la misura del possibile che il riconoscimento o il non riconoscimento vengano decisi in modo responsabile. Ciò comporta che gli interventi siano forniti da personale non solo specializzato (psicologi, assistenti sociali, educatori), ma anche in possesso di una preparazione specifica riferita anche alle conseguenze negative a medio e lungo termine derivanti dai riconoscimenti forzati, che purtroppo ancora avvengono e che determinano frequentemente abbandoni tardivi dei bambini con effetti negativi molto difficilmente recuperabili.