" Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali "
L’analisi, (si veda il libro: "
A SCUOLA DEI DIRITTI" di Carapelle, Santanera - Ed. UTET Libreria)
Premessa
Dal titolo si può osservare che si tratta di una legge quadro, pertanto occorrerà attendersi diversi decreti attuativi.
Inoltre si tratta di una legge cui tema sono gli interventi ed i servizi sociali, non l'assistenza.
Si ricorda che, per interventi e servizi sociali sono intesi (rif.to art.128 del D.lvo 31/3/1998 n.112/1998) tutte le attività destinate a rimuovere e superare le condizioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, tranne quelle assicurate dalla previdenza, sanità, giustizia.
Il DIRITTO per essere tale deve essere garantito dalla legge. Altrimenti non si può parlare di vero diritto.
Le condizioni (assolutamente da verificarsi tutte insieme) affinché sia veramente garantito un diritto sono:
A - presenza di una norma che riconosca il diritto
B - presenza di un ente obbligato a attuarlo
C - presenza dei finanziamenti necessari
Vediamo se la legge 328/2000 osserva queste condizioni
A - L’articolo 2 comma 1 della Legge 328/2000 riporta: "Hanno diritto di usufruire delle prestazioni…i cittadini…".
Quindi si afferma il diritto, addirittura esteso a tutti i cittadini!
B - Nessun comune è obbligato ad intervenire
C - L’articolo 22 comma 2 della legge 328/2000 riporta che gli interventi previsti sono erogati "nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali".
Dunque non si può parlare di diritti.
Già all’art.2 comma 3 è affermato: "I soggetti in condizione di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale (…) accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni".
Dove priorità non vuol dire obbligo.
Ciò, è stato riconosciuto anche dal sottosegretario al tesoro G.Morgando nella seduta del 18/7/2000 (prima dell’approvazione della legge).
Altresì, ciò è stato riconosciuto pure dall’esperta dell’ex ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco, dott.ssa G.Rinaldi (solo dopo l’approvazione della legge però) in un convegno dell’Inas del marzo 2001.
Sottolineiamo peraltro che è stato disatteso il primo comma dell’articolo 38 della Costituzione, che afferma:
"I cittadini inabili al lavoro sprovvisti dei mezzi necessari per vivere hanno diritto al mantenimento e all’assistenza sociale"
Inoltre, sottolineiamo che l'estendere i servizi a tutti i cittadini significa privilegiare chi ha più forza contrattuale e - nello stesso tempo - meno esigenze.
Non tutti i cittadini hanno necessità di assistenza!
Infatti il sopracitato articolo 38 della Costituzione individua il diritto all’assistenza solo per gli inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
"Le funzioni concernenti gli interventi sociali sono esercitate dai Comuni" (rif.to articolo 6 comma 1).
Ciò conferma norme precedenti già note (es. DPR. 616/1977, L.142/1990, L.Reg. Piemonte 62/1995)
Si ricorda, però, che degli 8100 comuni d’Italia:
- circa 6000 comuni hanno meno di 5000 abitanti
- più del 50% dei comuni hanno meno di 2000 abitanti
Sarebbe stato pertanto necessario, come avvenuto per le USL, prevedere l’unione obbligatoria di più comuni (consorziamento) al fine di garantire l'erogazione dei servizi socio-assistenziali.
Gli interventi previsti dalla legge 328/2000 sono molto estesi. Come accennato, essi possono riguardare tutte le attività destinate a rimuovere e superare condizioni di bisogno e difficoltà della persona, tranne previdenza, sanità, giustizia. Pertanto anche:
- asili nido
- animazione culturale
- tempo libero
- turismo
- sport
- …
E per le persone inabili (rif.to 1° comma art.38 della Costituzione)?
Non essendo riconosciuto il diritto soggettivo, la legge 328/2000 prevede all'articolo 2 comma 3
che gli inabili o i soggetti in condizione di povertà "…accedono prioritariamente ai servizi".
Ma ripetiamo priorità non vuol dire diritto.
E all'articolo 22 è elencata la lista degli interventi che costituiscono il
"…livello essenziale delle prestazioni sociali".
Altro contorsionismo lessicale, pur di non riconoscere diritti.
Tutto ciò sempre:
"…NEI LIMITI DELLE RISORSE DEL Fondo nazionale per le politiche sociali TENUTO CONTO DELLE RISORSE ORDINARIE GIA’ DESTINATE DAGLI ENTI LOCALI ALLA SPESA SOCIALE"
Questi i livelli essenziali previsti dall’articolo 22 comma 2 della legge 328/2000:
a - contrasto alla povertà (per senza fissa dimora)
b - misure economiche per favorire la vita autonoma c/o proprio domicilio (inabili)
c - sostegno per i minori
d - sostegno alle famiglie
e - sostegno alle donne in difficoltà
f - integrazione disabili, per i centri diurni, per le comunità alloggio
g - inserimento presso famiglie o comunità di anziani e disabili
h - interventi socio-educativi per droga, alcool, ...
i - informazioni
Occorre purtroppo anche evidenziare che la 328/2000 non vieta la realizzazione di nuovi istituti.
E per i minori riporta la forma di "comunità familiari" ma senza specificarne le caratteristiche.
E’ previsto inoltre (art. 24) il riordino degli emolumenti (pensioni, indennità,…) mantenendo lo stesso livello di erogazione.
Un ruolo molto ampio è offerto alle Cooperative sociali.
Non solo la cooperativa sociale offre i servizi e li gestisce ma è soggetto attivo nella progettazione, nella realizzazione (comma 5 art. 1).
Inoltre l’ente locale la Regione e lo Stato agevolano le Cooperative sociali (articolo 5).
Insomma la cooperazione sociale è individuata quale il "nuovo" gestore dell’emarginazione sociale.
Peraltro già attenzioni particolari erano state poste con l’intesa sottoscritta il 12/2/1999 dal Governo col Terzo settore.
Altresì ricordiamo che anche la legge 68/1999 sull’inserimento lavorativo delle persone disabili ha dato spazio all’inserimento delle persone handicappate presso le cooperative sociali (legge 381/1991) invece che presso le normali aziende, col pericolo di creare emarginazione sociale.
E’ palese come sia stata data molta più attenzione alle esigenze delle cooperative sociali che ai diritti delle persone inabili.
I luoghi di erogazione sono i Comuni, ma…
Le regioni possono ancora attribuire funzioni alle Province per i minori nati fuori dal matrimonio, ai ciechi e sordi poveri rieducabili (comma 5 art.8 legge 328/2000).
E’ una chiara discriminazione, è una norma anticostituzionale (articolo 3 della Costituzione)
Essendo una legge quadro sono attesi una lunga serie di decreti attuativi (più di quindici).
Premesso che i Comuni possono intervenire erogando i servizi prioritariamente per gli inabili e i poveri e in primo luogo i servizi definiti essenziali, sempre tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli Enti locali alla spesa sociale, la legge 328/2000 stanzia per il Fondo nazionale per le politiche sociali (rif.to art.20):
- 106.7 miliardi di lire per il 2000
- 761.5 miliardi di lire per il 2001
- 922.5 miliardi di lire per il 2002
Queste cifre sono per tutti i servizi sociali previsti dall'art.128 del d.lvo 112/1998 - nessuno garantito - e per tutti i cittadini.
Politici e amministratori additano la mancanza di risorse quale motivo perché non si possono garantire i diritti esigibili nemmeno per i più deboli.
Ciò non è sostenibile; un chiaro esempio:
Si può stimare, con molte buone ragioni, che un livello soddisfacente di servizi OBBLIGATORI era possibile garantire con uno stanziamento annuale di 2000-2500 miliardi di lire.
Infatti, prendendo come riferimento un Consorzio socio assistenziale "modello" ed estrapolando la situazione a tutta Italia si avrebbe:
Rif.to Consorzio C.I.S.A.P. dei comuni di Collegno e Grugliasco, spesa anno 1999: 7 miliardi di lire
numero di abitanti complessivo: 90.000
spesa per abitante: circa 80.000 £/ab.
Estrapolazione per tutta Italia:
57 milioni ab. x 80.000 £/ab. = 4.700 miliardi
di cui già 2000-2500 miliardi oggi erogati da comuni/province/regioni
Pertanto con aggiuntivi 2000-2500 miliardi era possibile garantire interventi obbligatori per la fascia più debole della popolazione…
E LE IPAB?
Le Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, sono tutte quella serie di patrimoni, immobili, ecc. ecc. che nel corso della storia i benestanti hanno a buon cuore devoluto ai poveri; a tutt'oggi esse ammontano quantomeno a 37.000 miliardi di lire ( ma alcuni sostengono anche più di 100.000 miliardi di lire).
Nel 1890 (Milleottocentonovanta) la legge "Crispi" (legge 17/7/1890 n.6972) ha regolamentato tutto questo enorme lascito accumulato, fissando due fondamentali capisaldi:
- la destinazione di tutte le Ipab, patrimoni e redditi, è vincolata - come voluto dai benefattori - ai poveri
- è fatto divieto di utilizzare l'alienazione del patrimonio per coprire le spese di gestione.
Con ciò la legge Crispi ha di fatto salvaguardato le Ipab sino ad oggi.
Pertanto ci sarebbero le IPAB che sicuramente potrebbero soddisfare le necessità sopra previste (2000-2500 miliardi / anno)…
Ma la legge 328/2000 abroga la legge Crispi!
E SOTTRAE LE IPAB ALL'ESCLUSIVA DESTINAZIONE DEI POVERI (cfr. art.10 legge 328/2000).
(peraltro il relativo decreto attuativo - già pubblicato - conferma quanto previsto dalla legge 328/2000).
E’ questo uno dei più grossi scippi perpetrati a danno dei poveri !
"Il primo principio etico equivale per i credenti ad un comandamento di Dio: non rubare. I patrimoni delle IPAB sono stati donati da privati cittadini per i poveri. Prima che fossero donati erano di proprietà privati; dopo che sono stati donati, sono diventati proprietà dei poveri; questo principio rimane, qualunque siano state le vicissitudini storiche e giuridiche".(Mons. Giovanni Nervo - convegno di Torino del 12 dicembre 1989).
Le Ipab hanno resistito più di un secolo, ora è prevedibile che saranno dilapidati con celerità.
Sempre in merito alle risorse finanziarie, si ricorda che pur di far passare al Senato la legge 328/2000, è stata approvata una disposizione da inserire in legge finanziaria 2001 (cosa puntualmente verificatasi) che prevede che i vari stanziamenti già finalizzati delle leggi 104/1992, 285/1997, 162/1998, …, sono trasferiti in un unico calderone, cioè nel Fondo nazionale per le politiche sociali, cui destinazione è poi stabilita dalle singole Regioni.
Quindi, se prima si avevano per le fasce più deboli finanziamenti certi e mirati, ora questi sono a discrezione delle singole Regioni da spendere per le esigenze - non prioritarie - di tutti i cittadini e per diverse necessità (magari quelle che vanno "di moda" in quel momento…).
(*) Segnaliamo il testo di riferimento e approfondimento della presente analisi: