Stampa | ||
Bambini utilizzati come cavie | ||
|
Su Il Giorno del 25 marzo 1971 era comparso un importante articolo in cui il Professor Giulio A. Maccaccaro aveva denunciato che, nelle sperimentazioni di nuovi farmaci, i pazienti venivano spesso utilizzati come topi e che fra le vittime preferite vi erano anche bambini e fanciulli colpiti da handicap. Ecco la sua testimonianza:
«Di
esperimenti condotti su bambini ne ricordo uno compiuto presso
l’Istituto di igiene e Nello stesso articolo, il Professor Maccaccaro aveva segnalato quanto segue:
«Carlo Sirtori,
direttore generale dell’istituto
Gaslini di Genova, non è secondo né a loro né ad altri quando decide di
“usare” i bambini ricoverati nelle Cliniche universitarie convenzionate
e ospitate dal Gaslini. Un bel giorno egli sente l’urgenza di
fotografare il virus dell’epatite virale. Allora prende 3 bimbi (S. P.
femmina anni 2; D.
l.
femmina anni 3; C.T. maschio anni 8) ricoverati al Gaslini per questa
grave malattia e a ciascuno, perforando l’addome, asporta un pezzetto di
fegato da guardare al microscopio elettronico. Per essere più sicuro di
riuscire nell’intento – racconta C. Sartori su
Gazzetta sanitaria
1970, p. 266, da lui diretta – “ero ricorso ad un espediente
farmacologico: prima della biopsia somministrai ai primi due bimbi 8
milligrammi per chilogrammo di peso al giorno di azatoprina per tre
giorni e al terzo bimbo 8 per cinque giorni (...). L’azatoprina poteva
nel nostro caso ridurre i poteri immunitari e rendere pertanto più
agevole la maturazione del virus”». Questo il commento di Maccaccaro: «Tre bambini vengono ricoverati nella clinica genovese,
perché il loro fegato è infettato da un virus non di rado letale: non
c’è farmaco per questa malattia: la cura consiste nel proteggere il
fegato da altre cause lesive e favorire contemporaneamente lo
svilupparsi di quelle difese naturali – cioè immunitarie – che sole
possono portare a guarigione. Invece Sirtori fa somministrare ai tre
bimbi del Gaslini una sostanza che paralizzi tali difese perché il virus
possa svilupparsi più rigogliosamente nel fegato e sia più facile
fotografarlo in quel pezzetto dello stesso fegato che egli strapperà tre
o cinque giorni dopo. È chiaro che nessuna di queste operazioni
configura il più piccolo vantaggio terapeutico e diagnostico, anzi un
gravissimo rischio per: S. P. femmina anni 2; D. L. femmina anni |