emoriale delle vittime dell'emarginazione sociale

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HANDICAP




Fino a qualche anno fa l’Anffas era l’acronimo di Associazione nazionale famiglie di fanciulli subnormali, per cui gli stessi genitori ritenevano che i loro figli fossero persone che erano al di sotto degli altri cittadini e quindi in una condizione di permanente inferiorità a tutti gli effetti, secondo alcuni anche per quanto concerne la loro dignità di persone.

Altre definizioni di uso corrente erano "minorati" e  “anormali” (la testata delle rivista della Società italiana di neuropsichiatria infantile era “Infanzia anormale”).

Attualmente anche per le persone pienamente idonee al lavoro proficuo viene usata molto spesso la parola “disabile”, il cui significato letterale è quello di “non abile” e cioè di persona incapace di svolgere attività lavorative o di altro genere.

Negli anni ’60-’80 era molto in voga la denominazione di handicappati psichici, creando una deleteria confusione con i malati psichici o psichiatrici.

Proprio perché assimilati ai malati di mente fino alla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 1990, le persone con handicap intellettivo erano state escluse dal collocamento obbligatorio al lavoro di cui alla legge 482/1968 (1).


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 (1) La questione di una terminologia idonea per le persone colpite da menomazioni è stata affrontata dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), che ha promosso il termine “intellettivo”. Si veda, al riguardo, l’articolo di Mario Tortello, Come e perché ridefinire il problema “handicap”, Prospettive assistenziali, n. 99, 1992.