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Sul n. 2, 1970 della rivista
La parola amica
(1) edita dalla Piccola Opera per la salvezza del fanciullo di
Monza, la Direttrice
dell’Istituto provinciale per la protezione e l’assistenza all’infanzia
di Genova, nel «tracciare un’acuta
diagnosi della vita moderna» aveva sostenuto che
«i gruppi etnici elevati dal punto
di vista del patrimonio genetico e della educazione, si moltiplicano
meno degli altri, con il grave pericolo di una selezione negativa»,
anche per il fatto che «il controllo delle
nascite è massimo nelle classi più colte, più abbienti, più evolute, più
elevate, le quali sono meno prolifiche delle classi più povere, meno
abbienti, in certo qual modo deteriori con ripercussioni sfavorevoli sul
patrimonio ereditario della popolazione in genere».
Lamentava quindi che venissero garantite
«necessità assistenziali maggiori
per coloro che nelle città non sono utili né tollerati e non solo per i
molesti malati di mente per i quali basterebbe talvolta solo il ricovero
diurno, ma per quelli che ostacolano la vita agiata della città, i
bambini, i malati, i vecchi, gli inabili, i bisognosi di controllo e di
assistenza non potendosi, a causa delle necessità lavorative e della
limitazione degli spazi, tenerli in casa».
Dunque, per consentire
ai «gruppi etnici elevati dal punto di vista del patrimonio genetico e
dell’educazione» di vivere tranquilli, la Direttrice
dell’Istituto provinciale per l’infanzia di Genova proponeva il ricovero
in istituto
«per i malati di mente
(…) i bambini, i malati, i vecchi e gli inabili».
Concludeva affermando che
«la istituzionalizzazione dei bambini è un fatto
reale necessario, che va estendendosi sempre più»,
che
«le leggi sull'adozione certamente non sono in grado di svuotare gli
istituti»,
che
«occorrono istituzioni per i
vecchi»
e che
«i subnormali debbono essere educati separatamente».
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(1) Nel 1971 la rivista ha cambiato nome in
"Parola d'Oggi" |