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Indispensabile una ricerca sulla destinazione dei beni ex Ipab | ||
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Se si vogliono realmente difendere le esigenze della fascia più debole della popolazione (ognuno di noi può cadere in una situazione di totale incapacità a seguito di malattie o handicap invalidanti), è necessario e urgente che il Governo o il Parlamento o le Regioni conducano una indagine conoscitiva sulla destinazione dei beni delle Ipab privatizzate. È sperabile che l’attuale classe politica sia coraggiosa come quella che con regio decreto 3 giugno 1880 aveva disposto l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle opere pie. Detta Commissione, durante i lavori durati ben nove anni, aveva accertato che «gran numero di opere pie, con dispregio della legge, mancano di statuto, di regolamento, di inventario», che «la materia dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi [è] (…) quella in cui le irregolarità, le inosservanze della legge e del regolamento si rilevano più che in qualsiasi altra con uno straordinario carattere di gravità», che «in alcuni centri, e non dei meno importanti, intorno alle opere pie si costituiscono delle clientele, non sempre ispirate al desiderio del pubblico bene», che ben 2.169 istituzioni su 8.127 rispondono con il silenzio alle richieste della Commissione reale sulle modalità degli appalti, che non è infrequente il caso di persone che stipulano contratti con le opere pie da essi stessi amministrate, che «si ha indizio di moltissime beneficenze (…) che sono usurpate da chi le dovrebbe adempiere», che c’è «la necessità di riformare la legge vigente sulle opere pie rafforzando la vigilanza dello Stato».
Non crediamo che
oggi la situazione sia migliorata rispetto al 1888. Dunque l’indagine è
quanto mai opportuna anche allo scopo di accertare se e come le Ipab
privatizzate rispettano la volontà di coloro che hanno devoluto i loro
patrimoni a favore dei soggetti deboli. |