PREMESSA PER LE ASSOCIAZIONI CHE
RICORRONO ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA |
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Considerato che in numerose sentenze del Tar e del
Consiglio di Stato (e anche nella sentenza della Corte costituzionale n.
296/2012) non si tiene in adeguata considerazione che gli anziani malati
cronici non autosufficienti e le persone colpite dal morbo di Alzheimer e
da altre forme di demenza senile non sono dei poveri da assistere, ma dei
malati gravi da curare, il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base) e la Fondazione promozione sociale onlus ritengono
necessario da sempre che vengano utilizzate per riferirsi ad essi le
dizioni: “anziani malati cronici non autosufficienti”, “persone colpite
dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile”, “infermi”… e
mai le parole “assistiti” o, per indicare gli interventi in loro favore,
la parola “assistenza” che rimanda al settore dell’Assistenza sociale e
non a quello proprio dei suddetti malati e cioè quello della Sanità.
Gli anziani malati cronici non autosufficienti
sono soggetti ultrasessantacinquenni affetti da una compromissione
dell’autosufficienza dovuta a malattie e loro esiti (ad esempio
vasculopatie, ictus cerebrali con emiplagia, demenza, sovente associata a
gravi disturbi comportamentali, grave scompenso cardiaco, esiti di
fratture in osteoporosi….). Si tratta di patologie che non possono che
essere trattate dalla medicina e non da altri settori. Questi pazienti,
sovente, sono affetti da pluripatologie e soggetti a frequenti
riacutizzazioni e complicanze: come ad esempio: sindrome da
immobilizzazione (tra cui
piaghe da decubito, trombosi venose
profonde, grave ipotrofia muscolare), gravi infezioni, episodi di delirium
(stato confusionale acuto, dovuto a patologie o traumi fisici e/o
mentali). Agli ultrasessantacinquenni sono assimilabili soggetti di età
inferiore in situazioni morbose simili. Analoga è la situazione delle
persone colpite da demenza senile. In particolare, quindi, occorre sottolineare che la
non autosufficienza è la devastante e drammatica conseguenza della gravità
della/e patologia/e che colpiscono i malati e che questa situazione esige
una maggiore e continua attenzione alla condizione di salute di questi
infermi sotto il profilo preventivo, diagnostico e terapeutico in quanto
gli anziani malati cronici non autosufficienti e i soggetti colpiti da
morbo di Alzheimer o da altri tipi di demenza senile sono quasi sempre
incapaci di fornire informazioni circa la fenomenologia, l’intensità, la
localizzazione e tutte le altre caratteristiche non solo dei dolori di cui
soffrono, ma anche relative al soddisfacimento delle più elementari
esigenze vitali (mangiare, bere…). La cura di questi
malati prevede perciò così come definito dai Livelli di assistenza
sanitaria e socio-sanitaria (Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 29 novembre 2001, reso cogente dall’articolo 54 della legge 289
del 2002) non solo le imprescindibili e prioritarie prestazioni mediche e
infermieristiche e, se del caso, riabilitative, ma anche gli interventi
integrati di «assistenza tutelare»
e «aiuto
infermieristico» prestati non
necessariamente da personale professionale, ma anche da congiunti,
conoscenti e assistenti familiari (badanti), che sono parte integrante
delle attività sanitarie. Per esempio si tratta degli interventi di
medicazione delle piaghe da decubito, controllo dell’idratazione della
persona e somministrazione di liquidi, imboccamento dei malati disfagici,
movimentazione del malato al fine di evitare l’insorgere di piaghe da
decubito, svuotamento del catetere e controllo del livello delle urine… Inoltre nei confronti di tali ammalati sono di
estrema importanza anche le iniziative rivolte alla prevenzione di
ulteriori patologie e compromissioni di salute e le misure rivolte alla
massima sedazione possibile delle sofferenze causate dalla malattia. |